Premessa: questo racconto è di pura fantasia, basato sulla mia immaginazione di adolescente che poi si concretizzerà più o meno realmente nel racconto “Il dottore”, di gran lunga tra i più letti del sito.
Avevo 12 anni, alle prime esperienze di autoerotismo… attratto dalle scene di film dove c’erano vittime legate e imbavagliate, con sempre più crescente interesse verso i piedi. Coltivavo queste fantasie nella mia mente, immaginandomi a volte legato, sempre con i piedi nudi: in bagno mi toccavo spesso i piedi, mi attraeva la loro forma, le dita… e quasi sempre il mio pene di adolescente reagiva con sensazioni sempre più intense, anche se la parte sessuale non era il mio interesse primario, o almeno così pensavo allora.
A volte dopo la scuola, mi fermavo a fare i compiti da un compagno di classe, visto che i nostri rispettivi genitori si conoscevano bene. Massimo aveva anche un fratello, Luca, di qualche anno più grande: una volta mi fece vedere un giornaletto dell’epoca, un fumetto che parlava di sadomaso in maniera ironica, ma con vignette illustrate molto spinte. Lo trovai divertente e il gusto del proibito per quell’età aveva il suo perché.
Fui ovviamente attratto dai disegni che raffiguravano più che altro donne o uomini legati, nelle situazioni più strane, con qualche scena di nudo. Ma erano le corde e i bavagli che mi stuzzicavano la fantasia di allora, in modo anche abbastanza ingenuo. Luca invece, lo capii dopo, non era affatto ingenuo, anzi tutt’altro. Ricollegai solo dopo i vari accadimenti ai quali non avevo dato peso nel tempo: qualche volta rimanevo a dormire da loro e ricordo che più di una volta, nel dormiveglia, mi rendevo conto di essere toccato… soprattutto tra le gambe e sotto i piedi nudi, per poi ricondurre tutto a uno scherzo con la scusa del solletico. Ma non era proprio così.
Per un fine settimana, i nostri genitori organizzarono una gita di tre giorni in Umbria, in un agriturismo molto grande, ed ebbero l’idea di prendere tre dependance separate nel parco dell’albergo: due per loro e una per noi ragazzi, così da darci un po’ di libertà senza perdere il contatto, per avere al contempo un po’ di tempo libero. Tutto ok fino a quando arriva l’ora di andare a dormire. Entrati nella nostra casetta, Massimo accende la TV mentre io, da bravo “bambino”, vado in bagno a lavarmi per poi mettermi in pigiama. Quando esco dal bagno, vedo Luca seduto in boxer sul divano a leggere uno dei suoi giornaletti “trasgressivi”. Ingenuamente mi siedo accanto a lui a sbirciare le vignette che, stavolta, sono espressamente gay… Ma allora neanche capivo cosa guardavo, io cercavo come sempre le corde. Massimo decide di andarsene a letto, così resto da solo sul divano con Luca che, di tanto in tanto, ammicca verso i miei piedi, cercando di non farmi accorgere, ma lo noto anche se non gli do peso, troppo intento a guardare la rivista tra le sue mani.
Rimasti soli si fa più intraprendente, così ci mettiamo a leggere insieme e lui mi descrive cosa succede nel fumetto, cosa che mi faceva sorridere perché la storia era ridicola. Ma le vignette dove c’era un ragazzo legato mezzo nudo e imbavagliato mi attraeva, così gli chiedo di farmela vedere meglio… Mi passa il giornaletto e io lo rigiro tra le mani guardando il disegno, poi improvvisamente lui esordisce: “Ti piacerebbe essere legato come quello del fumetto?”. Per me fu una stilettata, un fulmine di emozioni contrastanti che, sul momento, mi spinse a rispondere di sì!
“Se veramente ti va, posso legarti…” – “Veramente? E con cosa mi leghi?” – “Ho tutto l’occorrente”. Non capivo che quella cosa l’aveva già in mente, altrimenti perché portarsi dietro “l’occorrente”? Continuo a guardare il fumetto e la fantasia si appropria completamente dei miei sensi di dodicenne, seppur con un minimo di perplessità per quello che sarebbe potuto accadere se qualcuno ci avesse scoperto intenti in quel gioco “proibito”. Lui coglie la palla al balzo: “Dai, vado a prendere le corde…”, mi dice alzandosi dal divano e andando verso la sua stanza (ne avevamo una ciascuno). Quando torna ha diversi pezzi di corda tra le mani, ben avvolte in rocchetti… si ferma fingendo di pensare, poi mi dice: “Forse è meglio se ci chiudiamo in camera tua, così non svegliamo Massimo, che dici?” – “Ok. Ma come mi leghi?” – “Beh, come sul fumetto. Così provi e mi dici cosa senti. Ti va?”. Rispondo con un cenno di assenso del capo, senza riflettere sul fatto che il protagonista, la vittima del fumetto, era legato praticamente nudo. Ma ero troppo ingenuo e troppo attratto dalla situazione che si stava creando.
Mi alzo e lo seguo verso la mia camera: una volta entrati chiude la porta a chiave… “Così stiamo tranquilli”, mi dice mentre poggia le corde sul letto, insieme a due lunghi fazzoletti e un rotolo di nastro grigio. Io resto un po’ impacciato, non sapendo cosa avrei dovuto fare, in piedi in mezzo alla stanza: “Dai, spogliati. Togli il pigiama e le pantofole e sdraiati sul letto” – “Mi devo spogliare?” – “Certo. Quello sulla vignetta è nudo. Almeno il pigiama devi toglierlo, se no non è la stessa cosa, no?” – “Mi vergogno però…”, gli dico candidamente. “Ma dai. Siamo amici, che problema c’è? Tanto non ci vede nessuno e neanche lo racconteremo, no?” – “È vero, meglio non raccontarlo”. Preso coraggio e spinto da una sorta di ipnosi da proibito, tolgo la maglia del pigiama e poi sfilate le pantofole, tolgo anche i pantaloni restando solo con le mutande: mi sdraio sul letto…
“Voltati sulla pancia, così ti lego le mani dietro la schiena”. Così faccio e lui inizia a legarmi i polsi dopo avermeli incrociati dietro la schiena: li lega abbastanza stretti e serra il nodo, poi mi avvolge anche le braccia sopra i gomiti e me li lega quasi uniti, cosa che mi provoca molta costrizione. “Ti lego come nel fumetto, ok? E poi ti imbavaglio”. Mentre mi dice queste parole collega i gomiti al collo con un cappio che lascia lento per passare a legarmi gambe e piedi. Le caviglie me le incrocia ma mi lega prima le gambe sopra e sotto le ginocchia… solo quando le ha immobilizzate passa a legarmi i piedi, che incrocia, mettendo ancora più in tensione le corde che avvolgono le gambe. Si muove con abilità, è chiaro che sa cosa fare e molto bene, altro che improvvisazione! Io non riesco a parlare, in un misto di sensazioni piacevoli e al contempo quasi di sottomissione: sono praticamente ipnotizzato alla sua mercé. Legati i piedi vedo che prende un altro spezzone di corda, che passa tra le caviglie, poi tra i polsi e infine lo collega al cappio intorno al collo: mi ritrovo incaprettato in pochi istanti! Se muovo le gambe o i piedi le corde mi tirano sia i posi che il collo, obbligandomi a restare fermo per non subire troppa costrizione. A questo punto lui è eccitato come un maiale, perché chissà da quanto tempo immaginava di poter mettere in atto la sua fantasia. Intravedo un rigonfiamento tra le sue gambe, impossibile da non notare, visto che era già in boxer. Ripensandoci a distanza di tempo, credo che il pene gli stessi letteralmente scoppiando nelle mutande per quanto ce lo doveva avere duro.
“Non posso muovermi…”, esordisco candidamente dopo che ha stretto i nodi. “Sei legato esattamente come nel fumetto, mancano solo benda e bavaglio ma rimediamo subito”. Prende un fazzoletto e, dopo averlo piegato ad arte, mi benda gli occhi stringendolo dietro la nuca. Non vedo più nulla, ma lo sento armeggiare con il nastro adesivo, sentendo il classico rumore di quando viene aperto. “Allora, per completare l’opera ora ti ficco l’altro fazzoletto in bocca e poi te la tappo con il nastro, ok?” – “Ma per quanto tempo mi lasci legato?” – “Tutto il tempo che vuoi o che riesci a resistere. Io ti guardo e magari ogni tanto ti muovo per metterti in posizioni diverse, come nel giornaletto” – “Va bene, ma non addormentarti, se no resto legato così tutta la notte e non è proprio comodo” – “Non preoccuparti”. Detto questo mi ficca in bocca il fazzoletto appallottolato e mi riempie completamente il palato: lo spinge bene dentro e lo allarga in modo che non possa emettere suoni, per poi fasciarmi la bocca con diversi giri di nastro adesivo.
Alla fine dell’opera sono legato mani e piedi, imbavagliato, bendato e incaprettato molto stretto sul letto!
La sensazione di immobilizzazione era piacevole, un po’ meno quella data dal bavaglio: “MHGMMFF!” era l’unico suono che riuscivo ad articolare, molto attutito dalla bocca riempita con il fazzoletto e il nastro che me la tappava strettamente. Non potevo vedere nulla, ma lo sentivo respirare muovendosi sulla sedia di lato al letto, e penso proprio che si stesse masturbando: ma questo lo avrei capito solo dopo. Il tempo passa e provo a muovermi sul letto, ma senza successo: le corde che mi incaprettano sono molto strette. Ad un certo punto, sento le sue mani prendermi per le braccia e spingermi su un fianco, aumentando la tensione della corda che collega i piedi ai polsi e ai gomiti, e quindi al collo. Mi inarco molto all’indietro sulla schiena per contrastare la tensione e credo che questo lo abbia fatto eccitare molto, perché ho continuato per qualche minuto a sentire il suo respiro molto vicino… Credo mi abbia anche sfiorato tra le gambe, ma non ne ho la certezza.
Mi tiene legato e imbavagliato ancora per diverso tempo, finché sento il suo respiro farsi più veloce e i movimenti più attutiti, come per non fare troppo rumore: ho la certezza che sia venuto masturbandosi mentre mi guardava legato sul letto, anche perché subito dopo va verso il bagno e ne ritorna solo dopo qualche minuto, durante i quali sento scorrere l’acqua. Probabilmente appagato per il momento, inizia lentamente a slegarmi dall’incaprettamento, facendomi poi allungare le gambe. Mi sfiora i piedi mentre me li libera dalle corde, poi taglia il nastro adesivo e mi libera la bocca dal fazzoletto appallottolato. Toglie la benda e, prima di slegarmi i polsi dietro la schiena, mi dice: “Come è stato?”…
Ho sensazioni contrastanti, ma la cosa mi è piaciuta: “Non so spiegarti, ma sentirmi legato mi ha fatto stare tipo bene, anche se non potevo né muovermi né fiatare” – “Vorresti rifarlo domani notte?” – “Hmmm, si. Vorrei. Ma non allo stesso modo, in un altro modo” – “Ok. Mi raccomando non dire niente a nessuno però. Domani ti faccio leggere un’altra rivista e scegli tu come essere legato per la notte” – “Si. Ok. Ma quante ne hai di queste riviste? Dove le compri? Lo sanno i tuoi?” – “Ma scherzi?! Se lo sapessero sarebbero dolori. Un mio amico è figlio di un giornalaio, me le procura lui. Domani te ne faccio vedere una proprio bella, poi mi dici” – “Va bene. Ora dormiamo?” – “Si, meglio. Vado in camera, buonanotte” – “Buonanotte”.
Gira la chiave nella porta e, dopo averla aperta ed essere uscito, se la richiude dietro lasciandomi solo.