È passato diverso tempo dall’ultimo incontro con il dottore, avvenuto nella sua villa, dove ho sperimentato la sua “camera delle torture”. L’esperienza era stata molto intensa, tanto da farmi riflettere se continuare sulla stessa strada, visto che le sue perversioni erano uscite fuori molto chiaramente: gli piace torturarmi e seviziarmi, e il mio tendere al bondage è stato sicuramente da lui ampiamente sfruttato per il suo piacere abbastanza sadico. Dopo circa un mese di relativo silenzio, rotto unicamente da qualche messaggio sporadico atto a mantenere il contatto, mi si presenta la necessità di avere un certificato e sono così costretto ad andare nel suo studio.
Verso le 18 di un venerdì, arrivo allo studio medico: la segretaria mi apre la porta dopo aver citofonato da sotto. “Mi servirebbe un certificato medico per attività sportiva”, le dico appena entrato: “Avverto il dottore, sta visitando. C’è un po’ da aspettare.” – “Non c’è problema, mi siedo”, le rispondo mentre mi vado a sedermi nella sala d’attesa che, a quell’ora, ormai è vuota. Passa diverso tempo mentre leggo una vecchia rivista presa dal tavolino a caso, insieme a molte altre… La segretaria si affaccia alla porta e si scusa per l’attesa, ma la visita si è protratta. Ormai sono le 18:30 passate e, se ricordo bene, la segretaria tra poco dovrebbe andare via. Non posso fare a meno di ripensare alla prima volta in cui, proprio in quello studio, sono stato legato mani e piedi e imbavagliato. Ma cerco di pensare ad altro.
Finalmente la segretaria mi chiama e mi invita ad entrare nello studio… mi accompagna alla porta e, una volta entrato, chiude la porta come sempre.
“Qual buon vento ti porta da me?” Esordisce il dottore dopo esserci salutati cordialmente… “È un po’ che non ti fai sentire… ancora scioccato per la volta scorsa?”, mi apostrofa sorridendo. “Ho necessità di un certificato per attività sportiva”, gli rispondo senza cogliere la sua provocazione, cosa che non passa ovviamente inosservata: “Un certificato. Bene… e non ti serve altro?” – “No, solo il certificato…” – “Bene, te lo compilo subito”. Inizia a scrivere sul suo blocco, poi prende il timbro e lo stampa sul foglio; in quel momento la segretaria bussa alla porta e lui le dice di entrare: “Dottore se non c’è altro io andrei” – “Si, si. Vai pure, tanto abbiamo quasi finito. Ci vediamo domani”. Lei saluta entrambi ed esce, lasciando stavolta la porta aperta, visto che lo studio è ormai vuoto. Sento chiudere la porta di ingresso principale e a questo punto siamo soli. Mi porge il certificato sulla scrivania, rilassandosi sulla sedia ma, mentre mi avvicino per prenderlo, esordisce: “Spogliati nudo. Per darti il certificato devo comunque visitarti…” Resto pietrificato davanti alla scrivania mentre lo vedo sorridere… “Stai scherzando, vero?” – “No. Voglio visitarti, quindi spogliati nudo e sdraiati sul lettino. Mi raccomando, nudo. Togli tutto”. Sono ancora convinto che stia solo scherzando, invece si alza e, tolto il camice bianco, si abbassa i pantaloni e le mutande e si prende il pene in mano… Non riesco a muovere un muscolo, ma per tutta risposta lui si avvicina e, dopo avermi preso una mano, me la porta sul pene duro: “Devi guadagnartelo il certificato… Spogliati, dai…” – “Ma dici sul serio? Ora?” – “Si, facciamo una cosa veloce, dai”. Mi indica il lettino mentre si spoglia completamente, per rimettere solo il camice: chiude la porta dello studio a chiave e si ferma a guardarmi mentre mi spoglio. Tolgo le scarpe, la camicia, i pantaloni e i calzini… finché è direttamente lui ad abbassarmi i boxer e sfilarmeli dalle caviglie: “Ora sdraiati e allarga le gambe”… Obbedisco e mi sdraio nudo sul lettino, di schiena, per poi aprire le gambe portando le caviglie e i piedi ai lati; ho le braccia lungo i fianchi, ma lui me le alza portando i polsi sopra la testa, quasi penzolanti fuori dal lettino: “Resta così. Ti lego mani e piedi.” Quasi non credo alle mie orecchie, ma non scherza affatto… Da un armadietto prende delle corde, le stesse che usava per legarmi quando ci incontravamo di nascosto nello studio i primi tempi e, dopo avermi bloccato i polsi incrociati sopra la testa e fissati all’intelaiatura del lettino, passa a legarmi le caviglie, fissandole sempre all’intelaiatura e bloccandole poi con una corda passante. Mentre mi tocca i piedi e le gambe, risale con la mano fino all’inguine per arrivare ai genitali e accennare una masturbazione. Il pene mi diventa duro mentre lo masturba e anche il suo si rizza da sotto il camice bianco: la situazione mi sembra surreale e mi mette alquanto a disagio. Me lo prende in bocca chinandosi sul lettino, mentre con la mano si infila sotto i testicoli e arriva a infilarmi un dito nel culo… Ormai ce l’ho duro e dritto e l’eccitazione prende il sopravvento sulle mie perplessità, del resto come è sempre accaduto nei nostri molteplici incontri nel corso degli anni.
“Non ho nulla per imbavagliarti, se non nastro adesivo… ma vorrei usare la tua bocca, quindi stai zitto così non c’è necessità di tappartela”. Riprende a succhiarmelo e a masturbarmi per qualche minuto, senza dire altro, poi si sposta dietro la mia testa e, dopo avermi reclinato il collo all’indietro fuori dal lettino, mi apre la bocca con le mani e ci infila dentro con forza il cazzo: “Succhia… è da parecchio tempo che immagino di scoparti”. Il pene mi riempie la bocca, muovendovisi avanti e indietro spinto a fondo fino alla gola, pratica che gli piace molto… “Dobbiamo riprendere i nostri incontri con continuità, così non sarò costretto a legarti quando capiti in studio per altre cose”. Vorrei replicare qualcosa, ma il cazzo mi riempie completamente la bocca, impedendomelo. Riprende a masturbarmi mentre mi scopa, allungandosi con il busto sopra di me e afferrando il mio pene con la mano: “Ti farò schizzare mentre ti vengo in gola…”
La situazione si protrae per almeno mezzora, finché mi porta sull’orlo dell’orgasmo per poi fermarsi… il pene mi sta per esplodere, ma al contempo il collo inizia ad essere dolorante per la continua sollecitazione del suo scoparmi incessantemente in bocca… Quando sta per venire riprende a masturbarmi, finché spinge a fondo il pene fino alla gola e sento il liquido caldo invadermela: quasi contemporaneamente mi fa venire e schizzo fiotti di sperma sulla sua mano e sul lettino… Istanti interminabili, soprattutto il suo colare sperma nella mia gola. Finalmente mi libera la bocca e, dopo essersi asciugato la mano, mi slega prima i polsi e poi le caviglie consentendomi di alzarmi e scendere dal lettino.
“Vedo che anche se non convinto inizialmente, la cosa poi ti è piaciuta! Basta guardare le chiazze di sborra che hai schizzato sul letto, che dici?” – “Non lo nego, ma non è possibile che ogni volta io venga in studio debba essere sempre legato e scopato” – “Certo, però ti piace. E ti rammento che sei stato tu a cercare questa situazione, no?” – “Si… ma tu nel tempo ti sei sempre spinto oltre l’incontro precedente. Non posso dimenticare come mi hai seviziato a casa tua l’ultima volta…” – “Non mi sembrava ti fosse dispiaciuto poi tanto…” – “Ci ho pensato su parecchio, per questo poi non ho accettato altri incontri” – “Di questo mi dispiace, ma dobbiamo porvi rimedio, perché ormai mi piace troppo legarti e seviziarti. Se devo fare passi indietro va bene, ma tagliare tutto non è possibile, non a questo punto caro…”
Resto a riflettere su queste ultime parole, che suonano quasi come un ricatto o una imposizione: “Mi stai dicendo che devo sentirmi obbligato a farmi fare quello che vuoi?” – “Ti sto dicendo che dobbiamo trovare un punto di incontro che vada bene a entrambi, senza interrompere la nostra frequentazione particolare” – “E se non fossi disposto a farlo?” – “Beh… non vorrei arrivare a obbligarti in qualche modo. La scelta è tua”. La minaccia non è neanche troppo velata… così gli ricordo un aneddoto che forse aveva già minato la base di fiducia necessaria per questi giochi: “Come faccio a fidarmi, se ricordo che mi hai fatto scopare in bocca e dietro dal mio parroco pervertito? Pensi che non avendoti fatto rimostranze, la cosa sia passata inosservata?” – “Infatti non mi sembra di aver mai insistito sulla cosa, anche se lui avrebbe fatto carte false per scoparti di nuovo. Avevo ben compreso che non ne avevi intenzione e ho sempre lasciato cadere le sue proposte. Ma questo vale per lui, non per me…”. Ancora completamente nudo davanti a lui, dopo una breve pausa, cerco di capire dove si sta indirizzando questa situazione: “Quindi cosa vorresti esattamente?” – “Vorrei che riprendessimo a incontrarci almeno una volta al mese, a casa mia quando mia moglie non c’è. Qualsiasi cosa abbia intenzione di farti sarà soggetta al tuo consenso, ma non voglio interrompere gli incontri” – “Posso anche starci, ma se stabiliamo dei limiti non devi andare oltre: non voglio trovarmi nella situazione dell’ultima volta e nemmeno in quella di oggi” – “Va bene. Ma voglio far partecipare un mio amico ad almeno un incontro” – “Un tuo amico?!” – “Si… ha le stesse mie fantasie e voglio farlo partecipare” – “Certo che con il passare del tempo sei entrato veramente nel personaggio del dottore perverso. All’inizio non eri così…” – “L’appetito vien mangiando, no?”. Sono esterrefatto della conversazione e delle richieste, ma mi vedo costretto a non creare problemi e assecondarlo, almeno per il momento.
“Va bene. Diciamo che possiamo incontrarci una volta al mese, a condizioni chiare però” – “Bene… allora sappi che tra una settimana ti aspetto a casa mia. Mia moglie sarà fuori per un convegno e il mio amico è disponibile sicuramente” – “Iniziamo subito con il tuo amico…” – “Si, essendocene l’occasione, perché no? A te tra una settimana o il mese prossimo non cambia nulla”. La conversazione sembra essere giunta al termine, quindi mi rivesto, prendo il mio certificato ed esco dallo studio.
Rifletto sull’accaduto, ma sono sconcertato.