Scorrendo gli annunci di un sito che utilizzo da diversi anni, la mia attenzione viene attratta da questa inserzione:
“Cerco crossdresser per servizio fotografico fetish rivolto espressamente a piedi e scarpe con tacco alto. Richieste gambe completamente depilate e bei piedi, curati e femminili. Previste foto di piedi e gambe anche in bondage. Garantito unicamente rimborso spese per eventuale spostamento, se di città diversa da Firenze. Pubblicazione del servizio su rivista web specifica”.
Con un pizzico di voyeurismo la cosa mi stuzzica! È riportato sull’annuncio un indirizzo mail da contattare per inviare eventualmente tre foto esemplificative, così le seleziono dalle centinaia del mio archivio e, una volta scelte, le allego alla mail di risposta. Chissà… magari mi contattano.
Passa qualche giorno poi, un pomeriggio, ricevo questa mail di risposta:
“Buonasera. Ho valutato e scelto le foto che mi hai inviato come aderenti al servizio fotografico che intendo realizzare. Sono un fotografo professionista con studio in Firenze, come hai potuto evincere dall’inserzione. Se disponibile, ti invito a venire a Firenze entro la prossima settimana, con giorno da concordare, per realizzare il servizio. Biglietto del treno, albergo e pasti saranno a mio carico, ma ti ribadisco che non è previsto alcun ulteriore compenso e che le foto saranno unicamente di proprietà del mio studio. Del resto non sarai ripreso a figura intera, ma unicamente dalla vita in giù. Lo shooting realizzato verrà pubblicato su una rivista online di settore, ma non escludo di utilizzare le foto anche per altri scopi correlati al genere. Avendo scelto tre candidati ed essendo tu il primo in lista, ti invito a rispondere affermativamente o meno a questa mia entro domani, così da avere eventualmente il tempo per passare al secondo candidato. Attendo tua risposta per poter procedere ad organizzare il tutto. Cordialmente”.
Devo ammettere che la cosa mi lusinga alquanto, anche se so perfettamente che i miei piedi sono sempre molto apprezzati nell’ambito del fetish.
Siamo a martedì, così decido di rispondere subito dando la mia disponibilità e proponendo il mercoledì successivo come data per il servizio fotografico. In serata ricevo risposta con la conferma per il giorno proposto, nonché un appuntamento telefonico per le 10 della mattina dopo, al fine di concordare il tutto.
Alle 10 in punto di mercoledì mattina chiamo al numero che mi è stato inviato, presentandomi come Fox ovviamente… ne seguono una ventina di minuti di conversazione molto cordiale e anche professionale con tale Stefano, dove mi vengono comunicati gli estremi dell’albergo che mi verrà prenotato, l’indirizzo dello studio raggiungibile a piedi dall’albergo stesso e gli orari del treno che mi verrà prenotato e del quale riceverò biglietto via mail. Mi viene poi chiesto il numero di scarpe che calzo, al fine di averle a disposizione per tempo.
Riporto poi uno stralcio della conversazione, abbastanza interessante:
“Vieni in studio indossando una tuta, veloce da togliere e comoda. Hai letto che alcune delle foto potrebbero prevedere bondage?” – “Sì, ho letto. Puoi darmi ulteriori informazioni in merito? – “Certo. Con alcune scarpe vorrei che caviglie e gambe fossero legate con diversi tipi di corda o anche con cavigliere in metallo, proprio per la natura della rivista dove saranno pubblicate…” – “Capisco. Solo piedi e gambe quindi…” – “Si. Anche perché non riprenderò sopra la vita…” – “Ok, non c’è problema. Dovrò indossare calze o altro?” – “Questo lo deciderò sul momento. Avremo comunque a disposizione il necessario” – “Ok” – “Un’ultima cosa, per correttezza… dalla vita in giù va inteso che potrei riprendere anche i genitali, nel senso che potrei scattare foto dove è ripreso anche il pene, possibilmente in erezione. È un problema?” – “Non ci avevo pensato… Non è un problema, ma non posso garantirti l’erezione, può dipendere da tante cose…” – “Saremo soli nello studio, quindi non preoccuparti. Se serve un modo lo troveremo per farlo drizzare…”
Ecco, questa parte ritengo fosse fondamentale descriverla.
Prendiamo i necessari accordi e ci diamo appuntamento per il mercoledì della settimana successiva, fissando l’orario degli scatti per le 16.
Il mercoledì successivo, durante il viaggio in treno, rifletto sull’universo del feticismo rivolto ai piedi maschili: la mole degli utenti del mio sito rapportata a questa specifica fantasia è veramente considerevole, ben oltre la metà del totale, considerando anche il numero di mail che ricevo e, non da ultimo, le decine di paia di scarpe che mi vengono regalate unicamente o quasi per riceverne poi foto e video. Spesso questa fantasia va di pari passo con il bondage soft, come se chi ne è attratto cerchi qualcosa che non riesce ad esternare verso il sesso femminile. Premesso che io ne sono particolarmente eccitato, mi domando perché un uomo, etero, bisex o gay che sia, cerchi la femminilizzazione delle estremità di un altro uomo, sbavando letteralmente per poterle vedere calzate in scarpe con tacco o comunque rapportate al sesso femminile…
Arrivo a Firenze per le 11 e, una volta fuori dalla stazione, prendo un taxi per raggiungere l’albergo. Alle 11:45 sono nella mia camera, anticipando di una mezzora il check-in. L’hotel è molto carino, così verso le 12:30 decido di usufruire del ristorante interno. Rientrato in stanza verso le 13:30 non mi resta che aspettare l’ora dell’appuntamento, così mi sdraio sul letto e guardo la tv. Alle 14:30 ricevo un messaggio del fotografo che mi chiede se è tutto ok e mi conferma l’orario, ribadendomi di indossare una tuta o comunque qualcosa di comodo e veloce da togliere.
Dopo aver fatto una doccia ed aver indossato tuta e sneakers, alle 15:30 esco dall’albergo e mi avvio a piedi verso l’indirizzo dello studio fotografico, non molto distante e facilmente raggiungibile. Camminando per le vie del centro di Firenze, riaffiorano ricordi di vecchie gite fatte da adolescente… sempre una città molto bella. Arrivo allo studio poco prima delle 16, suono il citofono al quale mi risponde Stefano invitandomi a salire all’ultimo piano. Allo sbarco ascensore lo trovo sulla porta ad attendermi: un uomo di mezza età, abbastanza in carne, non altissimo… molto cortese nei modi devo dire. Espletati i convenevoli mi invita ad entrare e noto che sul piano c’è soltanto la porta del suo studio. Dalla porta si apre un grande open space dove, su un lato, è attrezzato il set con tanto di telo bianco e proiettori: diversi cavalletti con fotocamere e videocamere, a testimoniare che in effetti l’attività sembra essere professionale. Troppo costosa per essere puramente amatoriale. Su un tavolo ci sono diverse scatole di scarpe, capi di abbigliamento, intimo e altro… Probabilmente il necessario per il servizio e, in un angolo, noto diverse corde nonché cavigliere, manette e anche alcuni bavagli. Qui mi sorge una riflessione: perché le manette e i bavagli se le foto saranno scattate dalla vita in giù? Forse semplicemente per effetto scenico, o magari per altro? Rifletto su questa osservazione mentre il fotografo mi offre un aperitivo: “Sediamoci, così ti illustro cosa vorrei realizzare…”.
Ci accomodiamo su un grande divano in pelle nera… continuo a guardarmi intorno, lo studio è sostanzialmente enorme e vedo solo un’altra porta che immagino sia il bagno. C’è una grande scrivania e un altro tavolo che deduco serva come desk per i provini e le prove di impaginazione.
“Allora, l’albergo è di tuo gradimento?” – “Si, molto confortevole e si mangia anche bene. Poi in effetti è vicinissimo” – “Si, lo uso spesso per quel motivo, così non è necessario spostarsi in macchina e riduce i tempi” – “Dimmi del servizio: su quale magazine dovrebbe uscire?” – “Questo ora non posso dirtelo, sono vincolato dal contratto fino alla pubblicazione delle foto, ma lo saprai non appena usciranno” – “Come mai questa segretezza?” – “Beh, l’argomento trattato è particolare, quindi è una loro forma di tutela per interagire unicamente con lo studio. Non credere che paghino chissà quale cifra, ma sono seri e quindi mi adeguo alla loro politica…” – “Capisco. Allora dimmi, che foto vorresti scattare esattamente? Ho visto quello che c’è sul tavolo”, lo stuzzico per capire…
“Le foto saranno principalmente sui piedi calzati nei tacchi: ce ne sono diverse paia di diverso tipo. Intendo riprendere anche le gambe e girare qualche video mentre cammini, cosa che sembra eccitare molto gli amanti del genere. Poi, hai visto le corde e, come ti ho anticipato, vorrei legarti caviglie e gambe per estendere il campo di interesse anche al bondage fetish, magari con i genitali in vista, ma sempre senza riprendere oltre, neanche nei video dove comunque ti chiederò di muoverti per mettere bene in vista le corde…”. Resto in silenzio per qualche istante, poi faccio la domanda che ho in testa da quando sono entrato: “Ok, si può fare. Però ho visto anche manette e bavagli, quelli sono parte unicamente dello scenario o hanno altra funzione?” – “Diciamo che dovrebbero essere parte dello scenario, ma se magari ti andasse di usarli… Ne possiamo parlare?” – “Scusami, ma se intendi riprendere dalla vita in giù, perché legarmi anche le mani e imbavagliarmi?” – “Potrebbe essere un’integrazione del servizio, diciamo un completamento, che sarei autorizzato a pagarti…” Resto interdetto! Rifletto un po’ prima di rispondere… “Quindi mi stai proponendo di farmi legare e imbavagliare ed estendere il servizio, o è solo per parlare? Poi perdonami, ma come la mettiamo con la privacy? Se mi riprendi imbavagliato il viso si vede…” – “Premesso che le foto sarebbero comunque elaborate in post-produzione e quindi il viso sarebbe criptato, ma potrei comunque bendarti per rendere non riconoscibile il viso, o incappucciarti… Sottolineo che è solo una tua scelta, altrimenti il servizio resta su quanto concordato. Però nell’altro caso sono autorizzato a pagarti duemila euro per foto e video. La decisione è tua e non devi decidere ora, possiamo iniziare gli scatti e poi, se ti va, fare anche il resto. Non c’è problema”.
Rifletto ulteriormente per qualche istante, poi: “Facciamo così, iniziamo a fare quello per cui mi hai contattato, poi vediamo come procede e decido, se per te va bene” – “Va benissimo. Allora se vuoi possiamo iniziare: dovresti spogliarti e indossare quello che man mano ti porto, ok? Se vuoi lì c’è il bagno, ma puoi anche cambiarti qui…” – “Vista la natura delle foto, non fa molta differenza, mi cambio qui…” Così inizio togliendomi le scarpe, mentre lui va verso il tavolo.
Non so come potrà evolvere questa situazione, ma sono perplesso…