Tramite il mio sito entro in contatto con un medico che si occupa di chirurgia plastica e di riduzione del peso, con specializzazione in endocrinologia. Arriviamo a queste informazioni in quanto lui si dice interessato a un fantasioso bondage di tipo “clinical”, ossia quello rapportato a dottore/paziente, con utilizzo di strumenti clinici specifici quali speculum, sonde uretrali e ammennicoli simili. Gli faccio ben presente di non essere interessato a questo tipo di pratiche, così scrivendoci del più e del meno, gli chiedo cosa potrei invece fare per il mio gonfiore allo stomaco. Chi mi conosce sa che non sono, per così dire, ciccione ma unicamente un po’ in sovrappeso, però con problemi di gonfiore addominale. Mi invita a fare delle analisi per accertare eventuali intolleranze o allergie, cosa che si offre di espletare nella “sua” clinica. Solo in questo momento comprendo che la clinica è proprio sua, con tutte le risultanti del caso in termini di posizione sociale ed economica.
“Ti ringrazio per la proposta ma sai, per motivi di privacy non potrei venire nella tua clinica, visto il motivo per il quale ci siamo, per così dire, conosciuti”
“La clinica è mia, potresti anche venire senza essere registrato. Darei io un nome di fantasia per i registri, e potremmo eseguire i test fuori convenzione, senza necessità di tessera sanitaria. Saresti mio ospite e noi abbiamo un programma specifico per queste tipologie di esami, dai cui risultati può essere sviluppato un percorso di cura sia alimentare che farmacologico. Per ospite intendo ovviamente che non ti farei pagare gli esami, prendilo come un regalo per avere un po’ di disponibilità da parte tua”
“Spiegati meglio… cosa intendi per disponibilità?”
“Allora… i test richiedono un ricovero di due giorni. Magari in quei due giorni potremo trovare il tempo di giocare un po’…”
“Ribadisco di non essere interessato al clinical, ma anche trovassimo qualcosa su cui giocare, come la metti con il personale interno? Con gli altri pazienti presenti nella clinica, non so…”
“All’ultimo piano abbiamo una stanza tipo suite, che riserviamo di tanto in tanto a delle personalità che si affidano a me. Potrei riservartela, concordando la data. Ideale sarebbe un weekend, con ricovero il venerdì e dimissione il lunedì”
“E cosa vorresti fare, oltre ai test?”
“Beh… intanto scoparti. Legarti. Seviziarti un po’ sulla base degli accordi che eventualmente prenderemmo. Niente sonde uretrali, promesso”
“Mi spiazzi, ma voglio farti una domanda: il personale interno? Come si comporterebbe? Non sarebbe strano se nessuno si occupasse di quella stanza?”
“Ho qualcuno del personale che è a conoscenza delle mie tendenze e che a volte pago e uso per agevolarmi alcuni incontri particolari…”
“Mi sembra di capire che ti capiti di usare la tua clinica anche per le tue fantasie. E non temi che possano crearsi problemi?”
“Quello che fanno loro è limitato a poche cose, per il cui silenzio sono pagati profumatamente. Tra l’altro non potrebbero dimostrare nulla, se non che la persona interessata era consenziente e informata del gioco. Puoi stare tranquillo su questo”
“Ma, fammi capire bene: cosa farebbero questi tuoi “aiutanti” allora?”
“Ovviamente il “paziente” sarebbe legato al letto e sempre imbavagliato. E siccome io devo anche lavorare nella clinica, si occuperebbero di farlo mangiare, di controllare che tutto vada bene oltre che a provvedere agli esami, nel tuo caso”
“Quindi mi terresti legato e imbavagliato al letto per due giorni, mentre mi fai analisi e test e, nel tuo tempo libero mi useresti sessualmente. Corretto?”
“Corretto. Ma ti offro anche un trial diagnostico da circa 2000 euro, con soggiorno in suite privata e con relativa cura dedicata”
“Te l’ho detto, mi spiazzi. Ma la cosa può essere interessante. Fammici riflettere, ok?”
“Certo, ci mancherebbe. Ovviamente, in merito alla privacy, io te la garantisco e auspico sarà la stessa cosa da parte tua”
“Su questo puoi contarci. Ci risentiamo presto”
Faccio passare un paio di giorni, durante i quali rifletto seriamente sulla proposta: il trial clinico mi interessa sicuramente per risolvere il mio problema, ma anche gli annessi e connessi non nascondo che mi intrighino abbastanza! Prendo la mia decisione e gli scrivo per comunicargli di accettare la proposta:
“Buongiorno… ci ho riflettuto parecchio, e ho deciso di accettare. Come ci organizziamo ora?”
“Benissimo! Nel pomeriggio ti faccio sapere quando è disponibile la suite per il weekend. Dopodiché non dovrai fare altro che venire qui il venerdì. Ci vediamo all’esterno, poi ti darò l’indirizzo, così entri con me e non avrai problemi di registrazione”
“Ok, allora aspetto tue notizie”
Nel pomeriggio, verso le 15, arriva la mail di risposta:
“Ciao. Allora potremmo organizzare per il 22-23-24 di questo mese, tra una settimana se per te va bene. Altrimenti dobbiamo scavallare di due settimane al mese successivo”
“Per me va bene il 22-23-24. Dimmi dove devo venire e a che ora…”
“Perfetto, allora blocco la suite. Ti invio indirizzo. Dovrai essere fuori al parcheggio della clinica per le 14. Ti aspetterò nel posto numerato n.2, non potrai sbagliare. In ogni caso per qualsiasi cosa possiamo aggiornarci al giovedì per conferma. Vieni in abbigliamento comodo”
In un’altra mail mi manda l’indirizzo della clinica, che si trova in una zona residenziale appena fuori Roma. Non resta che aspettare qualche giorno. Dopo la conferma del giovedì, il venerdì alle 14 entro nel parcheggio della clinica e cerco il posto riservato n.2. Lo trovo abbastanza agevolmente e vedo che c’è una persona in camice bianco proprio davanti al posto in oggetto: abbastanza alto, sulla sessantina, qualche chilo di troppo ma, nel complesso, di aspetto gradevole. Parcheggio e scendo dall’auto mentre lui si avvicina: “Buongiorno e ben arrivato” – “Buongiorno a te…” – “Vieni, andiamo. È tutto pronto. Entriamo insieme e saliamo direttamente all’ultimo piano” – “Va bene. Prendo le mie cose e ti seguo”.
Prendo il mio zaino con un cambio e un pigiama, anche se non lo indosso mai, biancheria intima e varie poi mi avvio con lui verso l’entrata: “Nella suite ci aspettano due miei dipendenti, loro si occuperanno di te” – “Ok. Immagino sappiano già tutto…” – “Sanno quello che c’è da sapere, nulla di più”, mi risponde sorridendo.
Entriamo nella hall della clinica, molto lussuosa devo dire, e nel tragitto verso gli ascensori è un continuo proferire “Buongiorno Professore”, da parte dei diversi dipendenti, sembra un film di Alberto Sordi. L’ascensore sale al quarto piano, noto che c’è un lettore di badge per usarlo, e si apre su un corridoio non molto lungo che sembra quello di un albergo: di fronte, in fondo al corridoio con sei porte a destra e a sinistra, c’è una porta davanti alla quale ci sono due infermieri in attesa.
“Lui è il paziente di cui dovete occuparvi”, dice loro presentandomi… poi si rivolge a me: “Entra pure e sistemati, io tornerò con loro tra un paio d’ore, dopo le visite del pomeriggio. Hai bisogno di qualcosa?”, mi dice mentre mi indica l’arredamento della suite, dove in pratica c’è tutto, inclusa una tv led di grosse dimensioni, un divano per i visitatori, un tavolo con sedie e un bagno con doccia e idromassaggio. C’è anche un bel terrazzo con vista sul giardino. “Non credo di avere bisogno di nulla al momento” – “Lì in fondo c’è un armadio a scomparsa e il letto, anche se di tipo medico, è dotato di tutti i comfort” – “Immagino. Solo una curiosità, quante altre stanze ci sono su questo piano?” – “Nessuna. Tutte le altre porte sono locali a servizio del piano. Te lo avevo detto che la privacy sarebbe stata completamente al sicuro. A questo piano abbiamo accesso solo io e loro due, l’ascensore non arriva qui senza la tessera abilitata e le porte delle scale sono chiuse a chiave e si aprono solo dall’interno per emergenza” – “Ho capito…” – “Bene. Ti lasciamo tranquillo e ci vediamo più tardi”.
Tutti e tre escono dalla suite e sento i loro passi allontanarsi nel corridoio: chiudo la porta e mi siedo sul divano…