Svuoto la mia borsa riponendo le cose nell’armadio a muro, poi approfitto per fare una doccia. Il bagno è dotato anche di accappatoio e pantofole, tutto molto lussuoso non c’è che dire: quasi una vacanza per chi viene a curarsi qui! Mi asciugo, poi metto un paio di slip e resto in accappatoio, tanto immagino dovrò spogliarmi, quindi inutile rivestirsi.
Mi siedo sul divano a guardare la tv nell’attesa: sono ormai le 15:30. Mi cade lo sguardo sulla parte inferiore del letto e noto che vi sono delle cinghie fissate ai quattro angoli e altre fissate sui lati, ben nascoste sotto il pianale. Cinghie di contenzione, che non credo siano dotazione standard, o forse sì… non saprei. Il letto comunque è lungo e largo, oltre le normali misure: almeno 2,2 metri di lunghezza e 1,6 metri di larghezza, a occhio e croce… dovrebbe essere comodo, cinghie a parte.
Verso le 15:45 sento vociferare e poi dei passi sul corridoio: entrano in stanza sia il professore che i due infermieri… “Allora, eccoci qui, perdona il ritardo ma il giro visite è stato più lungo del previsto. Vedo che ti sei messo comodo, hai fatto bene”. I due infermieri vanno verso il letto e uno sembra abbassarsi per estrarre le cinghie da sotto: “No, non le fibbie per ora… Vai a prendere della corda di iuta in magazzino. Poi nastro isolante e fasce medicali” – “Ok professore…”, risponde avviandosi fuori dalla stanza. “Se sei pronto possiamo iniziare… Ok?”, mi dice… “Va bene, cosa devo fare?” – “Ora ti legheranno sul letto e ti imbavaglieranno, poi io mi occuperò di te per una mezz’ora. Successivamente inizieremo i prelievi per le analisi e procederemo con il programma”. Annuisco senza dire nulla, del resto sapevo che sarebbe andata così.
L’infermiere che era uscito poco prima rientra con un carrello medico: sopra vi sono diverse matasse di corda di iuta, due rotoli di nastro adesivo, dei rocchetti di fasce da medicazione e altre cose sotto che però non riesco a vedere. Il professore si rivolge ai due: “Bene. Spogliatelo nudo, mettetelo sul letto e legatelo. Polsi in alto fissati uniti al letto, caviglie unite sempre fissate al letto. Poi al solito: gambe, cosce, braccia e fasciategli il petto sopra e sotto. Palla di gomma in bocca, nastro adesivo e fascia medicale. Quando avete finito uscite e mandatemi un messaggio. Chiudete a chiave la porta” – “Bene professore”.
Resto sorpreso del fatto che tutta la situazione sembri per loro del tutto normale, quasi di routine! Il professore esce accostando la porta, mentre uno degli infermieri prende della corda e la srotola: “Togli l’accappatoio e le mutande, poi sdraiati sul letto”, mi dice l’altro. Lo assecondo e mi tolgo l’accappatoio per poi avvicinarmi al letto: sfilo le pantofole e resto con i piedi nudi sulla moquette, poi abbasso gli slip e li tolgo, restando completamente nudo sedendomi sul letto. “Sdraiati. Unisci i polsi sopra la testa e unisci i piedi…” Lo faccio senza proferire parola e, una volta assunta la posizione richiesta, iniziano a legarmi insieme: eseguono alla lettera quanto richiesto dal professore e infatti in pochi minuti sono legato mani e piedi al letto, con gambe e cosce ben strette, petto fasciato e anche le braccia legate sopra i gomiti, seppur protese verso la spalliera dove sono bloccati i polsi. Sono completamente immobilizzato!
“Ora devo imbavagliarti per bene, quindi apri la bocca, ok?” Senza dire nulla la apro e mi ci ficcano dentro una palla di gomma molto grossa che mi riempie completamente il palato e mi blocca la lingua: mi fasciano la bocca con il nastro adesivo che viene stretto molto ad ogni giro, poi sigillano il tutto con la fascia medicale, e i miei lamenti vengono ridotti a flebili mugolii quasi impercettibili.
“È sistemato. Possiamo andare… Avverti tu il professore che abbiamo finito”. Li vedo uscire dalla stanza chiudendosi dietro la porta e poi sento scattare la serratura: cala il silenzio. Resto solo per almeno una ventina di minuti, poi sento dei passi nel corridoio, attutiti dalla porta chiusa: la serratura scatta e il professore entra nella stanza richiudendosi dietro la porta bloccandone anche la serratura. Si sofferma a guardarmi legato al letto, nudo e imbavagliato. Viene verso di me con in mano una scatola che poggia sul tavolo, poi gira intorno al letto, per verificare che sia ben legato. Mi tocca i piedi per poi risalire sulle gambe, sulle cosce e poi fino all’inguine, dove di sofferma sul pene semi-eretto: “Vedo che ti stai eccitando… i miei infermieri ti hanno legato bene. Spero tu gradisca”. Mi prende in mano il pene e inizia a masturbarmi lentamente, per inturgidirlo… Quando è eretto e duro, me lo lecca sulla punta toccandosi tra le gambe: “Quanto mi piacerebbe infilarti una sonda nel pene… ma non lo farò tranquillo. Però possiamo giocare in altro modi…” Si allontana per prendere qualcosa dalla scatola e torna con in mano una specie di anello in metallo con una sorta di pallina… me lo infila sul pene e lo abbassa fino a fare in modo che l’anello mi stringa il glande e la pallina si posizioni sulla punta, sempre continuando a masturbarmi lentamente. Prende un telecomando e, dopo aver premuto un tasto, l’anello e la pallina iniziano a vibrare provocandomi da subito molto piacere… Mugolo dietro il bavaglio mentre l’anello pian piano diventa caldo, ma senza essere fastidioso: “Questo anello ti porterà lentamente all’orgasmo, e la pallina ti impedirà di schizzare aumentando l’intensità del piacere sul glande. Quando ti toglierò l’anello sbrodolerai sperma caldo lungo tutto il pene…” Detto ciò si sposta verso il fondo del letto, davanti ai miei piedi legati e bloccati: si abbassa i pantaloni e tira fuori il cazzo duro e dritto, iniziando a masturbarsi all’interno dell’arco dei miei piedi.
L’anello applicato al glande mi porta lentamente verso l’orgasmo… che arriva incredibilmente intenso, trattenuto dalla pallina e provocando la stessa sensazione di piacere che si ha quando diminuisce l’ossigeno inspirato. Lui sempre con il pene infilato tra i miei piedi legati, mi guarda e dice: “Sei venuto… ma non ti tolgo l’anello. Devi venire di nuovo… Io invece voglio sborrarti sui piedi, per cominciare…” Il mio pene nel frattempo si rilassa, ma l’anello, con anima elastica in due punti, resta ben stretto attorno alla cappella e la pallina non smette di vibrare, provocandomi qualche spasmo post orgasmo.
Immobilizzato al letto, lo sento schizzarmi sperma caldo sulle dita dei piedi… quando si ritiene soddisfatto usa l’arco dei piedi per ripulirsi e poi va in bagno. Il mio pene sta diventando di nuovo duro e l’anello prosegue inesorabile il suo lavoro di masturbazione: dopo qualche minuto il professore esce dal bagno e viene verso di me… Si è ricomposto e si ferma ad armeggiare nella scatola posta sul tavolo: “Resterai legato così per un po’, nel frattempo manderò gli infermieri ad applicarti qualche altro giocattolo non appena sarai venuto di nuovo. Usa lo smartphone per chiamarli e lo sento parlare: “Venite su… vi aspetto”. I due arrivano nel giro di pochi minuti ed entrano nella stanza, mentre il professore va verso la porta e prima di uscire impartisce le sue istruzioni: “Ripulitegli i piedi e recuperate lo sperma. Sia il mio che il suo quando verrà. È già venuto una volta ma non ho rimosso la pallina, quindi recuperate tutto e versatelo nella sacca da flebo riscaldata, come al solito. Masturbatevi anche voi e versate tutto dentro la sacca. Poi mettetegli il bavaglio a imbuto e chiamatemi” – “Ok professore”.
Uscito dalla stanza, richiudono la porta e fanno scattare la serratura. Li vedo armeggiare e prendere una sacca trasparente che aprono e posano su un lato del letto, accanto ai miei piedi legati. Con una siringa aspirano lo sperma che ho ancora sulle dita e quello che è colato sul letto, riversandolo poi dentro la sacca. “Non è ancora venuto. Fatti una sega tu intanto, io lo controllo…”, dice uno dei due mentre l’altro prende un contenitore e se ne va in bagno. “Ancora ti fai problemi a masturbarti davanti al paziente di turno?” – “Lo sai come la penso. Faccio quello che mi chiede, ma io non sono così attratto da questi giochetti. Preferisco andare in bagno” – “Come preferisci. Io invece in bocca me lo scoperei volentieri” – “Il giocattolo è del professore, non nostro”, risponde l’altro chiudendo la porta del bagno.
È chiaro che il professore intende farmi ingoiare lo sperma: il suo, il mio e anche il loro!
L’infermiere esce dal bagno con il contenitore in mano e una considerevole quantità di sperma all’interno: l’altro lo versa nella sacca, poi si abbassa i pantaloni e inizia a masturbarsi anche lui: “Accendi il riscaldatore, così poi ci mettiamo dentro la sacca”, gli dice praticamente con il cazzo in mano! Pochi minuti e anche lui schizza direttamente nella sacca da flebo: “Ho immaginato di scoparlo in bocca incaprettato sul letto…” – “Se ti aggrada…”, gli risponde l’altro. Mettono la sacca dentro il contenitore per riscaldarla, poi uno dei due prende dal carrello medico una sorta di imbuto fissato su una fascia di cuoio e delle cinghie alle estremità.
“Imbavagliamolo con l’imbuto, così poi avvertiamo il prof e ce ne andiamo. Io sono quasi a fine turno” – “Sempre che non ti chieda di restare, visto l’ospite speciale” – “Spero di no, avrei da fare stasera” – “Tanto lo sai che quando ci sono questi ospiti ci fa restare tutti e due per prepararlo alle sue fantasie…” – “Vedremo. Se non mi dice nulla io stacco ed è tutto tuo”. Vengono verso il letto e mi liberano dalle bende medicali che i fasciano la bocca, poi dal nastro adesivo e infine dalla palla di gomma… Finalmente posso riarticolare la mandibola, ma per pochi istanti. Mi ficcano in bocca l’imbuto che ha una base larga fatta appositamente per tenermi la bocca aperta come con un ring-gag, poi le serrano strettamente dietro la nuca con le fibbie. ”Rimettigli la palla, lo sai che non vuole che si sentano lamenti”, e infatti dopo averla schiacciata per farla entrare dalla base ad anello, me la spingono dentro la bocca quanto basta per tapparmela, poi fermano la palla con una striscia di nastro adesivo.
“A posto, chiamo il professore…”. Escono dalla stanza e si richiudono dietro la porta, facendo scattare, al solito, la serratura…