Ormai sono abituato alle “stranezze” e alle fantasie più perverse di questo mondo, ma la mail inviatami attraverso il mio blog da un “ingegnere” mi lascia alquanto disorientato.
“Ciao. Seguo da diverso tempo il tuo sito e, reputandoti una persona seria ma aperta al gioco e alle fantasie, ho finalmente deciso di farti una proposta. Sono un ingegnere meccanico e, nel tempo libero, mi diletto a costruire macchine per così dire particolari, rapportate al mondo del bdsm e del bondage. Ne ho ideate diverse, per le più disparate fantasie fetish, ma non ho mai avuto modo di sperimentarle su soggetti abbastanza aperti mentalmente da sottoporsi a farlo. Vivo solo in una villetta abbastanza grande a Rieti, dotata di una sala hobby molto particolare, che ovviamente tengo rigorosamente chiusa a chiave quando sono in compagnia, essendo appunto attrezzata con queste macchine che, ci tengo a sottolinearlo, costruisco interamente da solo. Vorrei appunto invitarti a sperimentarne qualcuna, anche a fronte di un compenso o rimborso spese. Per farti un esempio: quella che vorrei principalmente sperimentare è indirizzata alla masturbazione forzata, con recupero dello sperma e canalizzazione dello stesso verso un contenitore che, attraverso una piccola pompa, lo spinge verso un bavaglio specifico applicato al soggetto e glielo inocula direttamente dentro la bocca, obbligandolo a ingoiarlo. Il tutto è asservito ad un tavolo sul quale il soggetto è incaprettato con le gambe divaricate e le caviglie incrociate, in modo tale da proiettare il pene all’interno di una apposita apertura sotto il ventre, alla quale è applicato il masturbatore collegato al raccoglitore e alla pompa che poi spinge lo sperma, quando presente, in un tubicino che arriva direttamente al bavaglio, dotato di dildo fissato in bocca, per far sì che lo sperma venga iniettato anche direttamente in gola. Il tutto è gestito da sensori per rilevare la presenza dello sperma nel contenitore e da una centralina che modula la masturbazione considerando i necessari tempi tra un orgasmo e l’altro, nonché la velocità e la frequenza, rilevando se il pene sia eretto o meno. Il tutto è accessoriabile anche di altro dildo a stantuffo per la penetrazione anale. Mi sembra chiaro che tutte le macchine da me costruite sono indirizzate a soggetti maschili, visto che io sono gay. Quello che vorrei proporti è, appunto, di farti legare su questa macchina e sperimentarla per un tempo che dovrebbe essere di almeno 12 ore, anche se il mio obiettivo sarebbe di protrarre il tutto a un giorno intero. Io ho 55 anni, molto giovanile e sono una persona seria, anche se con fantasie molto particolari: non ci sarebbero implicazioni sessuali dirette, se non nel fatto che sicuramente mi masturberei guardando. Ho diverse altre macchine già pronte e funzionanti, ma quella che ti ho descritto è quella che mi interessa di più sperimentare. Se la cosa può avere un interesse per te, non esitare a contattarmi rispondendo direttamente alla mia mail, così possiamo discutere anche di un eventuale compenso per il tempo messomi a disposizione. Attendo tue notizie. Grazie”.
Rileggo la mail più e più volte… Incaprettato su un tavolo per 12 ore, masturbato continuamente e obbligato a ingoiare il mio stesso sperma ogni volta. Magari anche penetrato analmente e scopato. Veramente le perversioni non hanno confini! Non nego che la cosa sia anche stuzzicante, ma la prima cosa che focalizzo è il fatto che, iniziando da zero, rimanere sotto questa tortura per 12 ore sia impossibile. Magari iniziando con tempi più corti forse se ne potrebbe parlare. Riguardo il “compenso”, sapete come la penso: non accetto mai soldi per questi giochi, perché psicologicamente il pagare per qualcosa mette in una condizione tale per la quale ci si potrebbe sentire autorizzati al controllo totale e, in questi giochi, non è sicuramente premiante.
Mi prendo del tempo per rifletterci su, così non rispondo subito alla mail. Fatte le dovute riflessioni, il giorno dopo decido di rispondere:
“Buongiorno. Ho letto con attenzione la tua mail e la proposta relativa. Devo ammettere di provare una certa attrazione per la cosa, ma devo necessariamente fare delle osservazioni, perché potrei anche accettare ma con alcune condizioni: restare incaprettato per 12 ore è sicuramente troppo per iniziare, quindi se pensiamo di ridurre drasticamente il tempo, diciamo al massimo a 4 ore, forse potremmo parlarne; dovrebbe sempre essere possibile interrompere immediatamente qualora io ne manifesti la necessità; è imprescindibile conoscerci personalmente prima di dare luogo a qualsiasi sperimentazione; dovresti sapere che, per linea di principio, non accetto MAI soldi o compenso per gli incontri, e anche questo non farebbe eccezione, visto che il pagare predispone psicologicamente a sentirsi autorizzati a fare quello che si vuole; quello che proponi e che poi eventualmente si concorda, deve essere quello che poi succede, senza varianti in corso. Se questi paletti sono per te accettabili allora possiamo parlarne seriamente. Fammi sapere”.
Invio la mail ed esco di casa.
Non arrivo neanche in garage per prendere la macchina, quando mi arriva una mail sullo smartphone… Ha già risposto. Apro la mail e leggo mentre mi siedo al volante:
“Grazie per la risposta. Concordo sulle condizioni da te riportate: possiamo sicuramente iniziare con tempi ridotti, se per te non è un problema fare poi altre sedute con tempi man mano più lunghi. Le 12 ore nascevano dallo stabilire un tempo medio di tortura, che inizialmente volevo fissare a un giorno intero. Poi ovviamente ho considerato anche le varie esigenze fisiologiche che avrebbe per forza di cosa interrotto la tortura stessa. In ogni caso ribadisco la mia piena disponibilità ad accettare le condizioni, non da ultima quella di conoscerci personalmente prima di fare qualsiasi cosa. In merito al compenso sì, so bene come la pensi, ma il mio voleva solo essere una sorta di rimborso sia per lo spostamento qui a Rieti, sia per il tempo messo a disposizione. Se ti va possiamo quindi pensare di organizzare questo preliminare. Io non ho problemi di tempo o di spostamento, fammi sapere tu”.
Al momento non rispondo. Metto in moto la macchina ed esco, iniziando però a pensare insistentemente alla cosa.
Rientrato a casa verso le 19, decido di fare il passo e accettare di incontrarlo per una conoscenza preliminare. Ne segue un fitto scambio di mail che infine si conclude con un appuntamento per il sabato successivo presso un centro commerciale di Rieti. L’incontro avviene nel segno della piena apertura da entrambe le parti: si discute sui vari punti e condizioni, sulle disponibilità reciproche e si concorda in pieno su un rapporto di fiducia che deve necessariamente essere instaurato a priori. Lui è un uomo abbastanza piacente e giovanile, con un po’ di pancetta, ben vestito e assolutamente insospettabile in merito alla sua natura gay. Colto nel parlare, intelligente e ricco di fantasia e fantasie… Mi fa vedere alcune foto delle sue “invenzioni” e ce ne è davvero per tutti i gusti del genere: da sedie per immobilizzazione a sospensioni particolari, da tavoli di tortura a macchinari infernali per penetrazioni ed elettrostimolazione, fino a un letto di costrizione e a una cassa per trasporto molto particolare. Un lavoro completamente fai da te, ma fatto molto bene devo dire.
Dopo un paio d’ore di conversazione ci salutiamo, con l’intento di aggiornarci via mail per concordare una eventuale data. Non ho voluto fissarla subito, ho preferito tenere le foto e rifletterci su ancora un po’. Nell’arco dei giorni successivi esamino diverse volte le foto, immaginando la funzione dei manufatti e, di tanto in tanto, chiedendogli informazioni sulle stesse.
Dopo una settimana dall’incontro mi decido a inviare la mail definitiva:
“Ciao. Dopo aver attentamente valutato la nostra conversazione, le foto dei tuoi macchinari e le condizioni necessarie, da te accettate, ho deciso di prestarmi alla sperimentazione della macchina di cui abbiamo ampiamente discusso. Sono disponibile nel prossimo weekend, decidi tu se sabato o domenica. Fammi sapere se per te va bene e, nel caso, come raggiungerti”.
Invio e resto in attesa della risposta. Arriva dopo una mezz’ora:
“Ne sono estremamente contento ed eccitato. In allegato trovi il link di Google Maps per venire a casa mia. Va benissimo domenica mattina, diciamo verso le 10. Attendo trepidante”.
Il dado è tratto…