Arriva il venerdì concordato per la seduta, alla quale seguirà un weekend particolare… Sto preparando la borsa con gli “accessori” da portare al seguito per i giochini che lo psicologo ha in mente: prendo una gonna bianca al ginocchio, regalatami ultimamente, una camicia di seta blue, perizoma di pizzo bianco e uno blue, un paio di decolleté bianche con cinturino alla caviglia, un paio nere sempre con cinturino e uno blue scuro con tacco quadrato, simil Louboutin, regalatemi tramite wishlist di Amazon. Penso possa bastare…

Per comodità indosso una tuta e un paio di sneakers Hogan, tanto dovrò vestirmi per i giochi quindi tanto vale prediligere il comfort e la facilità di svestibilità. Tutto pronto per le 17:30. Faccio una doccia e mi preparo, poi verso le 18 esco di casa e mi avvio in macchina verso lo studio. Trovato parcheggio idoneo, visto che dovrò lasciare la macchina per due giorni, salgo le scale e suono il campanello alle 18:50. La segretaria mi accoglie con la consueta cortesia, ignara di tutto, e mi fa accomodare nella sala di attesa, senza dire nulla in merito al borsone che ho dietro, anche se avrei avuto la risposta adatta all’eventuale domanda che comunque non arriva.

Mi siedo in attesa, lasciando il borsone in disparte… Verso le 19:15 la segretaria si affaccia nella sala e mi saluta dicendomi che il dottore mi chiamerà non appena libero, mentre lei va via essendo, al solito, a fine orario. Sento chiudersi la porta di ingresso. Passano almeno altri 10 minuti prima che senta il dottore uscire dal suo studio e salutare il paziente accompagnandolo alla porta, poi anche lui si affaccia nella sala: “Vieni pure, siamo soli… accomodati di là” – “Porto anche la borsa?” – “Si, certo. Portala. Sono curioso di sapere cosa hai portato con te…”. Mi alzo e, presa la borsa, lo seguo nel suo studio e mi siedo sul solito divanetto, mentre lui si accomoda di fronte a me. “Allora, cosa hai portato di bello?” – “Due paia di scarpe, intimo, una gonna e una camicia…” – “Bene… Per l’occasione ti ho comprato un paio di sandali. Credo ti piaceranno… Tacco 13, argentati, con stringhe alla caviglia” – “Ora anche tu mi compri le scarpe?” – “Perché no?... Sarà eccitante togliertele!” – “Ok. Ora però parliamo d’altro, come concordato. Per il resto avremo tempo, no?” – “Sono tutto orecchi… dimmi di cosa vuoi parlare” – “Vorrei riuscire a capire quale sia stato il fattore scatenante delle mie tendenze…” – “Certo… anche se non sarà semplice. Dobbiamo scavare nei tuoi ricordi di infanzia, se magari ci sia stato un evento specifico, che so, un film o una rivista, una scena specifica a cui tu abbia assistito…” – “Non ho mai visto i miei genitori fare sesso, se è questo a cui alludi” – “Non necessariamente i tuoi genitori, a volte basta anche un fumetto o una scena particolare di un film: pensaci, prova a ricordare” – “Vediamo… ricordo che a casa di un compagno di scuola delle elementari mi capitò di leggere un giornaletto erotico del tempo, quei fumetti a indirizzo sessuale disegnati in modo ironico e vidi una donna legata su una grossa sedia in legno. Al tempo mi fece ridere, ma mi sembrò comunque qualcosa di proibito, non tanto per la donna legata, quanto proprio per il fumetto in sé… Poi ricordo un film horror, dove una donna era legata seminuda al letto, in balìa di una sorta di mostro con il viso deforme” – “E questo ti provocò una qualche sensazione erotica?” – “No. Non ricordo nulla di ciò, ma la cosa mi incuriosì, anche se non mi fecero ovviamente continuare a vedere quel film” – “I piedi sono un tuo feticcio ricorrente, devi quindi cercare nei ricordi qualcosa di correlato. Qualcosa che è accaduto prima che il tuo dottore ti introducesse al bondage reale…” – “Quindi per forza durante l’infanzia. Allora, ora che ci penso, nella bottega di un rigattiere che vendeva riviste datate, ne trovai una… Satanik! Era una specie di libro a fumetti in bianco e nero, dove donne legavano altre donne in stile tortura soft, tipo solletico ai piedi e costrizioni molto fantasiose: quelle vignette in effetti mi eccitavano, anche se ancora non avevo raggiunto la pubertà completa. Riuscii a comprare quella rivista, avevo 12 anni. La tenni nascosta per diverso tempo, riguardandola ogni volta che ero solo. In effetti delle vignette mi attiravano i tacchi alti, anche se le donne avevano sempre autoreggenti, guepiere e abbigliamento in pelle” – “Ha cercato altre riviste del genere successivamente?” – “Beh, tornai diverse volte alla bottega del rigattiere, finché un giorno mi imbattei in una rivista del tempo. Ricordo che l’immagine di copertina mi fece trasalire: una donna seduta su un letto, con i polsi legati dietro la schiena, imbavagliata, e con i piedi legati incrociati e collegati alle gambe del letto. I piedi erano nudi e quell’immagine in effetti mi eccitò” – “La prendesti, vero?” – “Si, superai anche la vergogna con il rigattiere, che comunque era interessato solo a vendere. Ci tornai e ne trovai altre: la rivista era “SM Club” insieme a un’altra “SM Stories”, riviste che tenni per diversi anni e che segnarono l’inizio delle mie masturbazioni, ma questo dopo un evento che avevo rimosso e che rammento solo ora…” – “Che evento?” Mi fermo per un attimo rimettendo a fuoco i ricordi sbiaditi e sopiti…

“Mi legai i piedi nudi in bagno. Volevo riprodurre quanto visto sulle riviste, così mi legai le caviglie unite con dello spago e guardandomi i piedi legati mentre li muovevo, strofinando le gambe ebbi il mio primo orgasmo! Fu una sorpresa e solo ora ricordo il piacere intenso che provai!” – “Bene, allora direi che abbiamo fissato il punto di inizio: il piacere sessuale che hai provato per la prima volta si è fissato all’essere legato e ai piedi nudi. Il tuo cervello ha creato una connessione con quei feticci, che poi nel tempo hai coltivato. L’aver stabilito la tua voglia di sottomissione a un uomo, deriva da quello che leggevi nelle riviste dove, sicuramente, nella maggior parte dei casi erano uomini a legare donne. Quindi hai fissato l’uomo come tuo seviziatore, come rapitore… e l’essere legato lo hai associato al piacere sessuale, pur restando bisex. Ma sicuramente i tuoi orgasmi sono più intensi quando sei legato e sottomesso da un uomo, che non quando fai sesso con una donna. Sbaglio?” – “No, non sbagli…”.

La conversazione è interrotta dal beep dello smartphone che segna la fine della seduta: un’ora è volata devo dire… “Bene. Abbiamo fatto grandi progressi oggi: abbiamo stabilito il punto di origine” – “Si. Mi sembra di aver trovato delle risposte che comunque, inconsciamente, conoscevo” – “Il compito dello psicologo è quello di aiutare a trovare quelle risposte, non di crearne di nuove. Comunque il tuo racconto me lo ha fatto diventare duro!” – “Ma non mi dire…”, rispondo ironicamente.

“Approfondiremo la questione nelle prossime sedute. Ora possiamo andare, che dici? Ci fermiamo a mangiare qualcosa prima di dirigerci a casa mia…” Faccio un cenno di assenso e mi alzo dal divano, prendo la borsa e lo seguo verso l’ingresso. Chiuso lo studio saliamo sulla sua auto, una station wagon tedesca: sistemo la borsa sul sedile posteriore e ci avviamo… “Ci mangiamo una cosa in un ristorante sulla strada, ok?” – “Va bene…” – “Ho una sorpresa per te…” – “Che sorpresa?” – “Vedrai…”. Non insisto, così si parla del più e del meno per una trentina di minuti, finché arriviamo al ristorante vicino Fregene, dove c’è la sua villetta già teatro del precedente incontro.

Ceniamo con calma, chiacchierando e facendo di tanto in tanto battutine ironiche reciproche sulle rispettive tendenze, ma senza esagerare visto che abbiamo un tavolo con altre persone molto vicino. Pagato il conto usciamo dal ristorante e ci avviamo alla macchina, ormai isolata e al buio, essendo passate le 23. Davanti alla macchina, aperti gli sportelli, mi dice: “È ora della sorpresa…” – “Ah, la sorpresa. Di che si tratta?” Apre la sua borsa e ne estrae un rotolo di nastro adesivo americano grigio… “Ora ti lego nel bagagliaio e ti imbavaglio. Ti rapisco!” – “Ma sei fuori?!!”, gli rispondo… “Non dirmi che non ti eccita, non ci credo!” – “Può anche eccitarmi, ma è pericoloso. E se ci fermano?” – “E chi ci ferma dopo le 23 sulla strada per Fregene? Poi la mia casa è vicina, sono 10 minuti. So che strade secondarie percorrere…” – “E se ci vede qualcuno qui?” – “Ci siamo solo noi nel raggio di cento metri, chi ci vede?” – “Non lo so… Ho l’impressione che questa cosa del legarmi ti prenda un po’ troppo. Ok quando siamo soli, ma per strada…” – “Lasciami fare e fidati. Nelle tue fantasie quante volte avrai immaginato di essere rapito e legato in un bagagliaio, dimmi la verità…” Ormai ho realizzato che non riuscirò a dissuaderlo, a meno di minare il weekend, così alla fine decido di lasciarlo fare: “Va bene. Legami. Ma la responsabilità se succede qualcosa è solo tua” – “Non succederà niente”, risponde aprendo il portabagagli, che è posizionato lato muro: evidentemente aveva già previsto di parcheggiare in modo da essere il meno esposto possibile, anche se in effetti non c’è nessuno intorno.

“Vieni. Girati e metti le braccia dietro la schiena…”. Lo assecondo e mi faccio legare i polsi con il nastro adesivo… Mi avvolge anche le braccia sopra i gomiti, per poi fissarle al petto con diversi giri, molto stretti. “Ora ti imbavaglio, apri la bocca…” Mi infila una palla di gomma in bocca, per poi fasciarmela stretta con il nastro. Mi benda anche gli occhi allo stesso modo. “Ora ti faccio sdraiare nel bagagliaio, così posso legarti gambe e piedi”… Mi aiuta a sdraiarmi, anche perché bendato non vedo nulla. Il bagagliaio è, fortunatamente, molto grande e posso starci abbastanza comodo, se così si può dire. Lo sento fasciarmi le caviglie con il nastro, poi le gambe e le ginocchia, sempre molto strettamente. Infine, come ciliegina, fa passare il nastro tra le caviglie e lo tira fino ai polsi, incaprettandomi. Una volta che mi ha completamente immobilizzato, mi infila una mano dentro i pantaloni della tuta, direttamente sotto i boxer fino a prendermi il pene che, effettivamente, è già duro! “Senti come è duro e umido amico mio… lo sapevo che ti avrebbe eccitato da matti questa cosa… Te lo tiro fuori, ho idea che nel tragitto potresti anche venire!”. Mi abbassa i pantaloni e i boxer e mi scopre completamente i genitali, lasciandomi legato con il pene duro. Chiude il bagagliaio e risale in macchina avviando il motore. “Sarà un bel weekend, vedrai…”

La macchina parte… “MGHMMMFFF…”


 

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