Riprendo lentamente i sensi e, nell’intorpidimento generale, sento di essere ovviamente legato: gambe e braccia divaricate, con polsi e caviglie legati agli angoli del letto. Il collo è strettamente avvolto da un cappio di corda fissato alla rete sotto il materasso, mentre le ginocchia sono tirate verso i lati del letto. In bocca ho una grossa palla serrata dietro la nuca da una fibbia di cuoio…
Quando riprendo completamente la sensibilità, mi rendo conto che i miei genitali sono legati con dello spago che avvolge i testicoli e la base del pene, che ora inizia ad andare in erezione tendendo la legatura. Ho due elettrodi applicati ai capezzoli e altri nell’interno cosce, sull’inguine e sotto le piante dei piedi, tutti privi di filo, quindi wireless: non bada a spese considerando quanto possa costare un aggeggio del genere… Ma mi rendo conto che non è quello il “giocattolino” di cui parlava prima di narcotizzarmi, anche perché era una campana nera che non c’entra nulla con gli elettrodi.
Alzando la testa per quel poco che il cappio al collo mi consente, lo vedo seduto di fronte al letto: ancora in accappatoio e con la campana nera in mano. Si alza e, venendo verso il letto, da una tasca estrae quello che immagino subito sia il trasmettitore per gli elettrodi che mi ha messo sul corpo: “Sei sveglio finalmente… forse c’era troppo narcotico nel panno. Ora ti torturo… hai mai provato l’elettrostimolazione forzata? Giocheremo un po’ con gli elettrodi, ma prima ti infilo il pene dentro questo giocattolino che ti masturberà in diversi modi e non si fermerà anche se dovessi venire. Il tutto condito dalle scosse elettriche sarà un’esperienza che difficilmente dimenticherai!” Provo ad agitarmi sul letto, ma sono legato molto stretto ed è completamente inutile…
Mi prende il pene per sollecitarlo fino a farlo diventare ben duro, costretto dalle legature: quando raggiunge una turgidità per lui soddisfacente me lo infila dentro la campana fino in fondo, facendomi sentire il contatto con il rivestimento interno, abbastanza stretto ed avvolgente da scoprirmi il glande. Lo fissa con delle fibbie alle cosce, avendo cura di mantenermi il pene dritto: “Ecco fatto. Ora cominciamo, sei pronto? La giusta dose di dolore e piacere, che prolungherò finché ne avrò voglia. Accende per prima la campana nera, che inizia a vibrare intorno all’asta del pene e al glande, con frequenze e intensità diverse, provocandomi un piacere abbastanza intenso ad ogni variazione… Poi prende il radiocomando dell’elettrostimolatore e le scosse iniziano ad arrivare nei punti dove mi ha applicato gli elettrodi: mi contorco legato al letto ad ogni nuova scossa, mentre la campana in sostanza mi masturba. Mugolo dietro il bavaglio, con la palla molto grossa che mi tappa e riempie la bocca, tenendomela molto aperta impedendomi di articolare suoni che vadano oltre a: “GHMMPFF!”.
Mi tortura in questo modo per almeno mezz’ora, dosando le scosse elettriche e l’intensità del masturbatore: il contatto diretto stringente e vibrante con il glande, mi provoca molto piacere che però viene mitigato dagli elettrodi che mi fanno contorcere, soprattutto quelli applicati ai capezzoli e sotto le piante dei piedi: lui invece si masturba lentamente, godendosi le sevizie che mi sta infliggendo. Non riesco a resistere oltre e il masturbatore mi provoca il primo lento orgasmo, intensissimo… ma ovviamente non si ferma e continua a sollecitarmi senza pietà! Il pene torna duro in pochi minuti e tutto ricomincia. Lo sperma mi cola fuori dalla campana, fermandosi sull’inguine: lui si alza dalla sedia dove è seduto e, con il pene duro in mano, sale sul letto e si mette a cavalcioni sul mio petto… mi schizza il suo sperma sul bavaglio e poi mi strofina la cappella bagnata sul viso, senza modificare nulla nella tortura elettrica. Si siede nuovamente sulla sedia e si rimette a guardare, ricominciando a masturbarsi con molta calma, mentre io continuo a contorcermi e mi avvicino al secondo orgasmo forzato, senza che il masturbatore si sia mai fermato o abbia rallentato: sento il pene caldo e quasi dolorante sul prepuzio schiacciato all’interno su una specie di pallina vibrante.
Si alza nuovamente dalla sedia e stavolta prende un dildo anale abbastanza largo e lungo: “È ora di tapparti anche il culo…” e infatti non perde tempo nell’infilarmelo dentro, a fondo! Anche questo inizia a vibrare, aumentando la sensazione di piacere e al tempo stesso di dolore.
Nuovamente seduto di fronte al letto, si gode il mio secondo orgasmo forzato che stavolta, oltre ad essere intenso, diventa anche doloroso a causa della continua sollecitazione del pene… Il mio sperma cola nuovamente sull’inguine, fuoriuscendo lentamente dalla campana nera, andandosi ad aggiungere al precedente. Le scosse elettriche non si sono mai interrotte, cambiano solo di intensità e frequenza come se avessero un programma casuale di tortura: le corde che mi legano ormai segnano polsi e caviglie in maniera evidente, visto che ad ogni scossa mi contorco sul letto e faccio tendere i legacci. Il bavaglio poi, è ormai insopportabile, la mascella mi duole e sbavo copiosamente dai lati della bocca.
Il masturbatore continua inesorabile la sollecitazione al mio pene dolorante e ormai letteralmente infuocato: lui si alza di nuovo dalla sedia e si rimette a cavalcioni sopra di me… “Ora ti tolgo il bavaglio e ti sborro dentro la bocca. Ingoia senza fiatare o ti metto un bavaglio che te la tiene spalancata…” Slaccia la fibbia del ball-gag e lentamente mi sfila la grossa palla dal palato: non ho neanche il tempo di riarticolare la mandibola che mi ficca il cazzo completamente dentro la bocca, fino ai testicoli! Mi stantuffa per qualche istante, poi inizia a schizzarmi sperma in gola, copiosamente. Ingoio, non ho altre possibilità… Finalmente mi libera la bocca dal suo pene e me la tappa con una mano, mentre si allunga per prendere di nuovo il panno e il cloroformio con l’altra mano. Imbeve il panno e poi me lo schiaccia sulla bocca semiaperta e sul naso, finché perdo i sensi e si fa tutto buio. È molto tardi ormai, e mi auguro di risvegliarmi solo.
Ma non è così…
Stavolta sono ancora più intorpidito al risveglio, ma non sono affatto solo e tantomeno libero: mi ha messo su una sedia, legato con i polsi dietro la schiena tirati verso il collo e incrociati; le cosce sono divaricate e bloccate alla seduta all’altezza delle ginocchia, mentre le caviglie sono tirate all’indietro verso le gambe posteriori della sedia, rialzate dal pavimento. Il petto è fasciato strettamente dalle corde che mi bloccano allo schienale, come anche la pancia: le corde mi passano tra le natiche, a tenere fermo un dildo che mi impala sulla sedia e, al contempo, bloccano un Magic Wand direttamente sotto i testicoli, ben premuto. Il pene è legato alla base e sul glande con dello spago, cosa che, man mano che riprendo i sensi, lo porta a inturgidirsi per strizzarlo nella costrizione.
Ovviamente, neanche a dirlo, sono imbavagliato e molto pesantemente: un bavaglio con pene interno gonfiabile lungo e largo, ben pompato, tanto da riempirmi completamente il palato, schiacciarmi la lingua e arrivare con la punta a sfiorarmi la gola! Per concludere l’opera, elettrodi applicati alle piante dei piedi, alle caviglie, tra le cosce e sui capezzoli. Lui è in piedi di fronte a me, con il telecomando in mano e il pene duro e dritto nuovamente pronto a schizzarmi di sperma.
Quando vede che riapro gli occhi e inizio a muovermi, per quel che posso, accende il Magic Wand sotto i testicoli e simultaneamente iniziano ad arrivare nuovamente le scosse degli elettrodi: il pene diventa sempre più duro, evidenziando la costrizione della legatura con lo spago. Mugolo fortemente dietro il bavaglio che mi riempie la bocca, mi sta seviziando da ore ormai.
“Ora aspetterò con calma che tu sborri, la raccoglierò dentro un bicchiere insieme alla mia e poi, dopo averti messo un bel bavaglio a imbuto, te la farò ingoiare…”, mi dice mentre si masturba. Non posso quasi muovermi, sono legato strettissimo e ormai penso che sarebbe stato meglio andarsene finché ero ancora in tempo: ma ho dato retta all’eccitazione, all’idea intrigante che mi prospettava, e ora posso solo subire sperando che prima o poi mi lasci libero.