Premessa: questo racconto, come il precedente, è di pura fantasia, basato sulla mia immaginazione di adolescente.
Dopo la precedente esperienza vissuta senza esserne cosciente con lo zio e il suo compare, per le successive vacanze estive di lì a qualche mese, mi ritrovo nuovamente nella cascina dove sono stato seviziato. Stavolta arrivo con il pullman di sabato mattina, visto che i miei verranno a riprendermi il martedì dopo. La fermata è poco distante dal vialetto di accesso alla fattoria, così mi incammino con il mio zaino in spalla verso quello che sarà un weekend che segnerà la mia adolescenza in maniera indelebile.
Lo zio Osvaldo mi viene incontro lungo il viale e mi accoglie affettuosamente con un abbraccio: ingenuamente penso solo al momento in cui potrò nuovamente andare a cavallo, senza memoria alcuna di quanto accaduto la volta scorsa. Entriamo in casa, dove Adelina sta preparando, come solito, il pranzo: la saluto in cucina, parliamo del più e del meno per qualche minuto, poi lo zio mi invita a salire nella mia stanza per sistemare le mie cose. Resto solo a svuotare lo zaino e riporre le varie cose nell’armadio, lasciando fuori solo il pigiama e le pantofole: passo qualche minuto a guardare il panorama dalla finestra, poi scendo nel salone visto che è quasi ora di pranzo e sicuramente Adelina sta mettendo in tavola.
È tutto pronto e, come sempre, Adelina ci saluta e ci dà appuntamento stranamente per il lunedì mattina informandoci che è tutto pronto nel frigo per la sera e per il giorno successivo: basta infornare. Deduco quindi che stavolta non verrà la domenica mattina. Ci sediamo per mangiare chiacchierando tranquillamente sulla scuola, sugli amici e altri argomenti sui generis. Questa volta non c’è la solita caraffa di spremuta di arancia, ma lo noto marginalmente, non essendo ormai periodo. Improvvisamente suona il telefono e lo zio si alza per andare a rispondere: ”Pronto?”…”Si, ciao. È arrivato, si”…”No, non ancora, non andare di fretta”…”Questa sera, se tutto va bene”…”Vedremo, lo sai come la penso”…”Ok, a stasera”. Difficile capire ora di cosa stesse discutendo, ma lo avrei compreso più avanti: “Era Emilio, ricordi? Stasera si unisce a noi per cena…”, mi dice mentre torna a sedersi… Io faccio un cenno di assenso senza fare domande.
Finito di pranzare senza ulteriori accenni al compare, mentre lui si mette a riposare io vado verso le stalle: oggi è sabato e quindi tutti i lavoranti sono già andati a casa per il weekend. Resto per un’oretta con i cavalli ma non mi azzardo a sellarne uno per cavalcarlo, non da solo. Rientro quindi nella mia camera e mi sdraio sul letto. Mi addormento, ma stavolta in modo naturale e senza narcotici. Verso le 16, o almeno credo lo fossero visto che ho ricordi annebbiati, sento lo scricchiolare della porta e di lì a poco un odore dolciastro che pian piano mi pervade le narici… sempre più intenso, finché credo di essere svenuto completamente. Era lo zio Osvaldo che, dopo essere entrato nella camera, mi aveva avvicinato un panno imbevuto di cloroformio vicino alla bocca e al naso, lasciando agire il narcotico lentamente per non farmi svegliare. Assicuratosi che fossi caduto in quel sonno profondo e innaturale, sollevandomi un braccio e facendolo ricadere sul letto, il panno me lo preme poi sulla bocca per diversi istanti. Per essere sicuro.
A questo punto esce dalla camera per farvi ritorno poco dopo armato di corde e nastro adesivo: mi volta su un fianco e, dopo avermi portato le braccia dietro la schiena, mi lega strettamente i polsi incrociati; indosso un paio di pantaloncini, quindi mi toglie i calzini e mi lega caviglie e ginocchia. Si sofferma a guardarmi legato mentre si slaccia i pantaloni… si abbassa le mutande e, dopo esserselo preso in mano, inizia a masturbarsi. Se lo lavora per diversi minuti poi, quando evidentemente sta per venire, si avvicina al mio viso e, dopo avermi aperto la bocca con le dita, me lo spinge dentro… Pochi istanti e mi viene in bocca, copiosamente, avendo cura di far rimanere lo sperma nel palato senza che scenda in gola, tenendomi la testa su un lato. Appagata la sua voglia, prende uno dei miei calzini e me lo ficca in bocca ben appallottolato, in modo che assorba lo sperma e lo trattenga nella mia bocca, oltre che tapparmela. Infine mi imbavaglia con diversi giri di nastro adesivo molto stretto e poi, sempre con il nastro, mi benda gli occhi. Mi lascia legato e imbavagliato sul letto ed esce dalla camera chiudendosi a chiave la porta dietro di sé.
Saranno le 17 quando torna a controllarmi: si accerta che non mi sia ripreso, poi bagna nuovamente il panno con il cloroformio e me lo riavvicina al naso, per poi premervelo sopra. Chiaramente vuole tenermi incosciente e non vuole rischiare che io riprenda i sensi legato e imbavagliato sul letto… Questa cosa si ripete sistematicamente ogni ora, per almeno altre tre volte e quindi fino alle 20. Almeno credo, e penso che il cloroformio debba essere ben dosato, segno che qualcuno lo abbia istruito sul farlo e sul come farlo, soprattutto.
Arriva il compare, Emilio, che entra in casa già infoiato come un maiale al solo pensiero di seviziarmi di nuovo: “Tutto secondo il programma? Dov’è?” – “Tutto liscio. È di sopra in camera, legato, imbavagliato e bendato sul letto. Dorme profondamente, ho fatto come mi hai detto: cloroformio ogni ora, ma sul naso per pochi secondi solo per prolungare l’effetto. Dalle 16 fino a qualche minuto fa…” – “Dalle 16? Già alle 16 lo hai narcotizzato e legato?! Non ti stava nelle mutande eh, vecchio porco! Scommetto che gli hai già sborrato in bocca, ammettilo!” – “Si… non ho resistito. Poi gli ho ficcato in bocca uno dei suoi calzini, così si è imbevuto di sperma prima di tappargliela con il nastro adesivo” – “Cazzo, già ce l’avevo duro mentre guidavo, ora è diventato di marmo. Voglio scoparlo…” – “Dobbiamo decidere cosa fare… lo so che vuoi scopartelo, ma dobbiamo organizzarci bene per evitare guai, lo sai”. Si siedono entrambi sul divano…
Lo zio si è fatto pensieroso, mentre Emilio parte alla carica: “Facciamo come avevamo detto… lo manteniamo semi cosciente, sempre legato e bendato, e stavolta ce lo facciamo da sveglio” – “Ma se lo narcotizziamo di continuo dormirà comunque e alla fine non starà bene quando si sveglierà. Senza contare che sarà passato troppo tempo per giustificare tutto quel dormire, no?” – “Non useremo il cloroformio. Un mio amico medico mi ha fatto avere il GHB, la droga dello stupro” – “Come?! E che gli hai detto per fartela dare?” – “Beh… anche lui ha certe fantasie. Gli ho detto che se me ne procurava, magari avrei potuto farlo partecipare al gioco” – “Ma tu sei impazzito! Ma ti rendi conto che rischiamo la galera?” – “La rischiamo comunque. Tanto vale divertirci per bene, no? Poi fidati, è uno discreto e che avrebbe tutto da perdere. Ne ho una boccetta da 50ml, basterà per due giorni almeno. Dobbiamo solo fargli un’iniezione e il gioco è fatto. Non ricorderà assolutamente nulla” – “E riguardo il dottore? Vorrà venire qui immagino…” – “Aspetta una mia telefonata… stanotte o domani è indifferente per lui” – “Oh Cristo, ci stiamo infilando in un vespaio…”. Segue un silenzio di attesa che rende l’atmosfera densa come la nebbia, poi Emilio forza la situazione: “Del dottore possiamo fidarci e questa droga è l’unico modo per non avere conseguenze. Lo hai sentito e letto anche tu che chi viene sottoposto a questo trattamento non ricorda nulla di quanto accaduto: dobbiamo solo gestire a criterio il risveglio, magari sfruttando anche il dottore che potrebbe avvalorare la tesi di un malore improvviso quando si risveglierà domani pomeriggio o prima, se lo riterremo necessario” – “È comunque un grosso rischio. I genitori faranno domande…” – “Allora cambiamo i tempi: stasera lo liberiamo e lo facciamo svegliare, poi domani mattina a colazione gli mettiamo il GHB nel cappuccino. Una piccola dose che poi compensiamo con l’iniezione e ce lo scopiamo per bene fino alla sera, così non ci saranno tempi troppo lunghi e gli diremo che ha dormito tutto il giorno. Ora chiamo il dottore e gli chiedo se il GHB può essere diluito con il cappuccino o il succo di arancia e in quale dose. E soprattutto per quante ore resta rintracciabile nel sangue, nel caso poi dovessero voler fare un controllo per la lunga dormita. Ti senti più a tuo agio così?” – “Si, sicuramente è meglio” – “Ok, allora tu vai a slegarlo che sono le 20:20, io intanto chiamo il dottore” – “Va bene…”. Lo zio si alza e sale nella mia camera per slegarmi, mentre Emilio telefona al dottore a casa, vista l’ora.
Dopo una decina di minuti lo zio torna nel salone e si siede di nuovo sul divano, in attesa che Emilio chiuda la telefonata con il dottore, di lì a poco: “Allora, che ti ha detto?” – “Tutto a posto! Possiamo mettergli 5 o 6ml nel cappuccino, tanto è inodore e insapore, poi gli facciamo metà dose dell’iniezione che mi aveva detto di fargli. Riguardo le tracce, dopo 6 ore non è più rilevabile nelle urine e dopo 8 nel sangue, quindi non avremo alcun problema in merito. L’hai slegato?” – “Si, ma ci vorrà ancora almeno mezz’ora prima che si svegli, almeno credo, visto che l’ho cloroformizzato più volte” – “Bene, allora facciamo come se nulla fosse e aspettiamo di cenare. Domattina riprendiamo il tutto e poi verso le 12 viene anche il dottore, così al massimo per le 15 o le 16 lo lasciamo riprendersi”.
Intorno alle 21:10 inizio a riprendere i sensi… ho un gran mal di testa e sento uno strano sapore in bocca: ovviamente non posso immaginare che sia quello dello sperma imbevuto nel calzino che mi aveva ficcato in bocca. Lentamente e completamente intontito mi alzo dal letto e non faccio neanche caso che mi fossi precedentemente coricato con i calzini e che ora invece sono a piedi nudi. Tra l’altro i segni delle corde su polsi e caviglie sono ancora visibili, ma io sono troppo annebbiato per notarlo. Mi lavo la faccia con acqua fredda, più volte, e poi i denti per togliermi il sapore dal palato… Metto le pantofole e scendo verso il salone: stranamente non penso di rimettere i calzini, cosa che mia avrebbe fatto notare che uno era ancora umido; un errore da parte dello zio, ma la mia dimenticanza lo rende ininfluente.
Li trovo ad armeggiare con piatti e posate davanti al tavolo: “Eccoti finalmente! Pensavamo fossi caduto in letargo…” – “Si, in effetti ho dormito pesantemente, non mi sono reso conto di che ora fosse”, rispondo anche a disagio per il ritardo. Non ho molto appetito, ma ci sediamo per cenare senza ulteriori accenni allo strano sonno pomeridiano. Pian piano la nebbia si dirada e la serata procede in maniera normale, chiacchierando del più e del meno.
Passiamo il dopocena in giardino poi, verso le 2, Emilio ci saluta e si avvia verso la macchina accompagnato dallo zio. Quando sono abbastanza lontani confabulano sommessamente: “Ricorda, 5 o 6ml nel cappuccino e poi dimezza la dose nella siringa, ok? Io arriverò per le 9” – “Si, ok…”. Emilio se ne va e lo zio Osvaldo torna a sedersi in giardino: restiamo lì a chiacchierare per almeno un’altra ora, ovviamente non ho molto sonno dopo il pomeriggio passato legato e imbavagliato, svenuto sul letto, a mia insaputa. Andiamo a dormire, anche se almeno fino alle 4 non chiudo occhio… poi il torpore arriva e mi addormento.