Il sabato concordato arrivo intorno alle 12:20 al ristorante di Lavinio, poco distante dalla spiaggia ancora deserta. Non è ancora stagione, così anche il parcheggio adiacente il ristorante è praticamente vuoto: vedo soltanto una Mercedes nera parcheggiata e un furgone VITO, sempre Mercedes e sempre nero, vicino all’entrata dell’area parcheggio. Immagino che la lussuosa Mercedes sia del tizio, così evito di parcheggiargli accanto e vado più avanti, tanto lo spazio non manca di certo. Come da accordi, indosso pantaloni neri e camicia bianca, devo aspettarlo nel parcheggio, così scendo dall’auto e aspetto che arrivi.

Dopo un paio di minuti il furgone si muove facendo il giro del parcheggio, finché nell’ultima svolta sta per passarmi proprio davanti… Non ci faccio poi molto caso, penso che stia semplicemente rivolgendo il muso verso la direzione di uscita, anche se il giro è stato molto ampio, ma prima che possa capire altro si ferma improvvisamente davanti a me, in modo da coprire la visuale verso il ristorante: il portellone laterale si apre e ne scendono velocemente tre uomini: uno mi prende le braccia da dietro, bloccandomele mentre gli altri due mi prendono di peso e mi spingono nel furgone dove c’è un altro uomo pronto a bloccarmi. In pochi istanti, mentre chiudono il portellone e ripartono, mi tappano la bocca, mi imbavagliano, mi incappucciano e mi legano mani e piedi con nastro adesivo! Una volta in movimento mi bloccano anche le ginocchia e i gomiti con il nastro e mi sdraiano sul pianale del mezzo.

Legato e imbavagliato ricollego che il mandante sia l’iraniano, che in questo modo ha risolto il problema di convincermi a fargli da escort.

Mentre il furgone viaggia verso non so dove, li sento parlare nella loro lingua incomprensibile per me, ma quello che fanno è invece molto chiaro: mi tolgono le scarpe per prima cosa poi, tagliato il nastro che mi lega caviglie e ginocchia, mi tolgono i calzini, mi slacciano e sfilano a forza i pantaloni, per poi legarmi nuovamente piedi e gambe stavolta con delle corde, molto stretto. Mi tengono fermo in due quando tagliano anche il nastro che lega polsi e gomiti, per poi togliermi anche la camicia e rilegarmi con la corda, avendo cura di collegare i polsi ad un cappio intorno al collo che va a chiudere strettamente il cappuccio e immobilizzare le braccia. Mi lasciano in slip, legato sul pianale del furgone ancora per qualche minuto, poi sento armeggiare con qualcosa che si rivelerà essere una grande cassa in vetroresina: mi ci infilano dentro piegandomi le gambe per poi incaprettarmi molto stretto. Fatto ciò tagliano via lo slip, lasciandomi completamente nudo. I suoni attutiti mi fanno capire che hanno anche chiuso il coperchio della cassa, sicuramente bloccato con dei lucchetti. Non si mette affatto bene.

Il viaggio dura almeno una mezz’ora, segno che la villa non sia affatto a Lavinio o che stiano girando in largo per non darmi modo di capire dove mi stiano effettivamente portando. Probabilmente arrivati a destinazione sento il furgone fermarsi: il portellone viene aperto e dopo qualche istante, nel vociare incomprensibile attutito dal coperchio chiuso, la cassa viene sollevata e trasportata fuori dal mezzo. Dall’inclinazione capisco che stiamo salendo delle scale, con due interruzioni a indicare i piani intermedi. La cassa viene posata a terra e poi per un po’ di tempo non sento più nulla. Non posso muovermi per come sono incaprettato, anche se la cassa sembra essere molto capiente: il cappuccio mi limita nella respirazione, anche per la bocca strettamente tappata da nastro adesivo, ma evidentemente devono esserci dei buchi di aerazione. La scarica di adrenalina subita all’atto del rapimento è ancora attiva, tanto che ho il pene semieretto, reazione coadiuvata in parte dal modo in cui mi hanno legato. Nudo nella cassa, con la punta dei piedi sento che la stessa deve essere ricoperta da una specie di tessuto in velluto, magra consolazione visto che sono così ricoperte anche le bare!

Non so quanto tempo sia effettivamente trascorso, ma finalmente sento armeggiare sui lucchetti e poi il rumore del coperchio che viene aperto: “Ben arrivata Nicole… avrai capito cosa è successo, vero? Mi dispiace aver dovuto ricorrere a questa soluzione, ma non mi hai lasciato alternative. Io non posso espormi, quindi ti ho fatto prelevare. Vedo che ti hanno legato come da mie istruzioni, e vedo anche che il tuo pene gradisce… Potevano portarti vestito, ma l’idea di farti incaprettare nudo nella cassa mi stuzzicava parecchio”.

“MHMFFGHFF”, mugugno dietro il bavaglio, ma credo abbia capito che gli stavo dicendo di andare a farsi fottere. Mi sento toccare i piedi, poi le gambe e infine il pene… Mi infila le dita tra le natiche, poi torna ai piedi. Sembra stia controllando la “merce”, il porco bastardo. Mi allenta il cappio che chiude il cappuccio, in modo da poterlo sfilare dalla testa: appena metto a fuoco la vista dopo tutto il tempo al buio, lo vedo in piedi davanti alla cassa e non somiglia affatto alla foto del profilo che aveva su Instagram! Nella foto sembrava sui 35/40 anni, giovanile… mentre è basso, tarchiato, con la pancetta e avrà almeno 60 anni. Mi ha preso per il culo proprio per bene.

Con un ghigno da maiale mi sorride, poi: “Si, lo so. Non sono come ti aspettavi, ma non posso certo usare i social con la mia reale identità: te l’ho detto, nel mio paese sono una persona importante e conosciuta. Non esiterebbero a impiccarmi per queste mie tendenze particolari. Mi fido solo dei miei uomini, se non altro perché li pago molto bene. Ora parliamo di affari… ti offro una scelta: sai bene ormai che ti farò comunque quello che voglio farti, che tu lo accetti o meno. Però puoi decidere di farlo spontaneamente e prenderti i 10.000 euro che avrei voluto offrirti, per poi andartene in tutta tranquillità; oppure decidere di tenere il punto, di opporti, e di avere come risultato di andartene senza un euro ma solo dopo che ti avrò comunque usato a mio piacimento. Ti farei narcotizzare e ti risveglieresti nella tua auto che ho fatto prelevare e lasciare in un parcheggio vicino Roma. Anche se accetti i soldi, prima di andartene saresti comunque narcotizzato, non posso rischiare che tu veda dove siamo effettivamente. In entrambi i casi non avresti prove di nulla e, anche se denunciassi l’accaduto, non conosci il mio nome ne sai chi sono né dove sei ora. Quindi non avresti nulla da raccontare se non quello che ti farò per due giorni. Credo sia meglio prendere i soldi, no? Ho già pronta una carta prepagata non rintracciabile per compensarti dei tuoi servizi. Ti lascio legato nella cassa per un’oretta, così avrai modo di riflettere bene. Quando tornerò devi dirmi solo se accetti i soldi o meno, il resto non sarà diverso per te. Pensaci bene”.

Detto ciò, mi rimette il cappuccio nero in testa che richiude con il cappio, abbassa il coperchio della cassa e rimette i lucchetti: torna il silenzio e il buio. Considerando ciò che mi ha prospettato, sempre che mantenga quanto detto, visto che potrebbe anche farmi sparire del tutto, non vedo alternative all’accettare almeno i soldi: rifiutandoli non cambierebbe comunque nulla, quindi tanto vale abbassarsi al ricatto.

Forse sarà passata effettivamente un’ora, ma a me sembra molto di più quando il coperchio della cassa viene aperto nuovamente… Mi viene tolto il cappuccio così che possa guardarlo: “Allora Nicole, hai riflettuto? Questa è la carta prepagata caricata con 10.000 euro. Se mi fai un cenno di assenso con la testa la faccio mettere subito insieme alle tue cose, tipo nel portafogli dal quale ora conosco il tuo vero nome, l’indirizzo e tutto il resto. Nel caso dovessero comunque venirti strane idee dopo. Penso che potremmo semplicemente dare corso a quello che offri sul tuo sito, no? Ed evitare problemi di sorta. Allora, che ne pensi?”. Lo guardo imprecando contro di lui nella mia mente ma poi, dopo qualche istante, faccio il cenno di assenso con la testa: “Bene, sono contento che ci siamo capiti. Ora i miei uomini ti slegheranno e ti porteranno a fare un bagno. Ti depilerai completamente, anche se vedo che le gambe e i genitali lo sono già. Ma devi depilare anche tutto il resto, poi indosserai l’intimo, il vestito e le scarpe che troverai nella camera in cui ti chiuderanno, e mi aspetterai. Tutto chiaro?”. Faccio nuovamente un cenno di assenso con la testa, che scelta avrei?

Nella sua lingua incomprensibile ordina qualcosa ai due che nel frattempo sono arrivati e poi se ne va, lasciandomi a loro: mi slegano dall’incaprettamento, poi mi liberano piedi e gambe dalle corde e mi fanno alzare per uscire dalla cassa… mi infilano delle pantofole ai piedi, poi mi rimettono il cappuccio e mi guidano verso la camera, tenendomi per le braccia e facendomi strada. Aprono una porta e mi fanno entrare: a questo punto mi tolgono il cappuccio e mi liberano polsi e braccia dalle corde, tagliando infine il nastro adesivo che mi tappa ancora la bocca. Mi indicano il bagno e i vestiti sul letto, poi escono dalla stanza e richiudono la porta dando diverse mandate alla serratura. Mi guardo intorno e vedo subito che le finestre sono chiuse e bloccate, con le serrande abbassate e lucchettate: impossibile guardare fuori. Il letto è in ferro battuto, con lenzuola blu con sopra un vestito corto nero, slip di pizzo blu e un paio di decolleté sempre blu. Louboutin! E della mia taglia, quindi fatte su richiesta.

L’arredamento è minimale, ma di livello: poltrone, tavolino basso, due armadi, un grande tappeto grigio sul pavimento in parquet, due sedie e un tavolo più grande. Il bagno è enorme e dotato anche di idromassaggio: si tratta bene l’iraniano. Mi siedo nudo sul letto, pensieroso e preoccupato… Infine mi decido a entrare in bagno per dare corso a quanto richiesto: mi depilo, faccio un lungo bagno nell’idromassaggio e poi mi asciugo per vestirmi.

Indosso l’intimo, il vestito abbastanza aderente appena sopra il ginocchio e infine metto le Louboutin che in effetti sono molto sexy, oltre che bellissime. Trasformato nella escort crossdresser, mi siedo sul letto e aspetto l’evolversi di questa storia…


 

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